venerdì 30 aprile 2010

Presentarsi: l’arte di nascondersi


Ero a casa di un amico mio, più giovane di me, nel 2002. Lorenzo Paci si era stupito del fato che io non avesse mai digitato il mio nome in un motore di ricerca per vedere che cosa venisse fuori. Credevo che non comparisse niente visto che non avevo mai messo alcuna informazione personale sul WEB. E invece, appena scritto Ayres Marques Pinto su Google, ecco che spuntano fuori notizie del mio passato di bambino attore, alcune anche sbagliate, qualche notizie di giornale e alcuni omonimi, Ayres Marques e Ayres Pinto, in giro per il mondo. Sono rimasto abbastanza perplesso, tra sorpreso e deluso. Per Internet era come se io non esistesse più. Allora ho domandato a Lorenzo che cosa dovevo fare perché “io” figurasse ancora come un essere vivente e attivo sulla Grande Rete. Un profilo pubblico, è stata la risposta. Dal 2002 ad oggi mi è capitato di dover fare profili in tutte le salse e tutte le lingue con un interesse sempre minore verso questa attività. Infine mi sono scritto un “profilo ufficiale” in Portoghese, in Inglese e in Italiano che utilizzo quando mi chiedono di presentarmi, sebbene non mi riconosca totalmente nella storia delle cose che ho fato e nelle situazioni vissute. Per questa ragione ero indeciso se chiedere o meno ai partecipanti del Laboratorio di Fototerapia Immagini per Raccontarsi, di condividere con il gruppo una loro breve biografia. Alla fine, ho suggerito a tutti di fare una presentazione di sé e gli ho spedito il mio vecchio, ammuffito profilo. Poco prima di spegnere il computer, a notte fonda, ricevo già un primo riscontro. Valentino mi scrive un suo resoconto biografico che in un Minuto rendeva chiara la ragione della mia insoddisfazione. In un racconto lampo, coraggioso e libero, Valentino mi ha dimostrato che alla mia “lunga” biografia mancava il suo contrario. La mia narrazione corrispondeva al guardarsi allo specchio, mentre quella di Valentino era come guardare a se stesso da una finestra. Avevo raccontato la mia vita in forma di curriculum, senza che in realtà parlasse di me. È vero che per definizione un profilo è qualcosa di incompleto, di parziale, qualcosa che nasconde tanto quanto rivela. E così, prima di andare a letto ho buttato lì delle parola apparentemente senza senso ma che forse rappresenta il rovescio, altrettanto veritiero, dello schizzo autobiografico che avevo inviato prima e da affiancare ad esso.

L’Altro Profilo di Ayres

Sono figlio di mia madre e, probabilmente, di mio padre e nipote dei miei nonni e fratello dei miei fratelli e di mia sorella. E come se non bastasse, sono nipote anche dei miei zii e cugino dei miei cugini e delle mie cugine.
Sono nato nella mia terra natale nella metà di un secolo dell’Era Cristiana, mica tanto cristiano. Sono andato a scuola, tanto. Ho studiato, poco. Ho imparato, quasi niente. Ho giocato, sempre. Ho fato degli amici, pochi ma buoni e dei nemici, tutti bastardi. Ho distribuito delle botte e ne ho prese più o meno in uguale quantità. Mi sono innamorato tanto e tante volte, ma poche volte corrisposto, ma mi accontento perché poteva andare peggio. Ho cominciato a lavorare all’età di quattro anni. Per me il lavoro era un gioco. Oggi, per me il gioco è un lavoro: sono animatore. Non vedo l’ora di andare in pensione per poter cominciare a lavorare sul serio. Ho piantato degli alberi, ma ho dovuto vendere la terra. Ho scritto dei libri, oggi introvabili. Ho una figlia e una moglie, ma non so per quanto tempo. Le mie certezze mi hanno portato alla rovina, a me e a tutti quelli che ci hanno creduto. I miei dubbi sono tutto quello che mi rimane e gli custodisco gelosamente, credo. Mi considero diverso da tutti gli altri, proprio come tutti gli altri. Avrei ancora molto da dire, ma forse ho già detto fin troppo, almeno per oggi.

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