lunedì 31 maggio 2010

Haiku Visivi di Ana Dalbello


Foto di Ana Dalbello
Per me le fotografie hanno una vita tridimensionale, sono come le poesie haiku, sono i pensieri in immagini, dove lo spazio e' trasparente, limpido, immenso, come la Natura stessa .Mi piace l'odore della carta delle foto, ogni frammento della immagine contiene una impressione vissuta, contiene una fase della vita delle persone, degli oggetti, degli fenomeni. Una sinergia muta, ma nello stesso tempo rumorosa, una solitudine dolce, umile nella attessa della pioggia.....una poesia ancora non scritta....

albeggia,
nelle acque basse nuotano i pesci
sfuggiti ai cormorani

domenica 30 maggio 2010

EmeroBiografia



L’intreccio fra la Storia collettiva e la mia storia personale non emerge chiaramente dai miei racconti autobiografici. Leggendoli o ascoltandoli si ha l’impressione che il corso della mia vita si fosse disegnando un po’ per caso, spinto da contingenze familiari e individuali e dalle risposte che sono stato in grado di attuare.
E invece, è bastato intraprendere un viaggio visivo nel tempo attraverso le copertine di un settimanale brasiliano, la rivista Veja, per accorgermi del fatto che la mia microstoria personale non abbia mai smesso di dialogare intensamente con la macrostoria sociale. Un dialogo che all’improvviso si rivela sensoriale, emotivo oltre che intellettuale.
Sono passato dalla rivista brasiliana al settimanale americano Time e all’italiano L’Espresso e poi alla lettura dei principali avvenimenti di ogni anno su Wikipedia. E così la tessitura delle diverse dimensioni storiche cominciarono ad evidenziarsi. Le malattie e i progressi della medicina, le conquiste sociali, i cambiamenti dei costumi e della situazione macroeconomica, i film, gli artisti, la politica, le catastrofi, quando guardati a distanzia nel tempo, nel loro insieme formano una mappa che ci aiuta nell’orientamento spazio temporale del nostro percorso individuale e allo stesso tempo rappresenta un prezioso strumento di rievocazione autobiografica.
Dall’altro lato non è difficile nemmeno perdersi nel mare di immagini, di nomi e di eventi che si accumulano nel tempo. Per questa ragione ho iniziato a giocare. Per esempio, ho raccolto le copertine con la data del mio compleanno per vedere di che cosa si parlava in quei giorni. Dagli elenchi di film lanciati ogni anno ho selezionato quelli che avevo visto e quelli che avrei voglia di vedere. I vincitori dei premi Nobel, i campionati mondiali di calcio, i fatti di cronaca nera, tutto questo, una volta filtrato sia dal tempo che dalla nostra storia personale formano un tipo di impalcatura cronologica di possibili narrazioni autobiografiche e allo stesso tempo rafforza il sentimento di comprensione e di appartenenza al momento presente.
Ho scelto alcune immagini che mi hanno reso più consapevole del quanto il mondo sia entrato dentro di me. Adesso mi manca soltanto raccontare come questo sia successo.

mercoledì 19 maggio 2010

L'Immagine Riflessa di Sé


Mi guardavo sullo specchio e soffrivo.
Mannaggia, come sono brutto!
Mio padre e mia madre ben che potevano avermi fatto un po’ meglio.
La faccia che guardavo riflessa davanti a me non mi rappresentava adeguatamente.
“Quel viso non è una traduzione accettabile di me stesso. Non mi ci vedo, non mi ci riconosco.”
Lo specchio mi ha fatto penare dall’infanzia fino ad una certa fase dell’adolescenza.
Un giorno, un giorno preciso, mi sono chiuso in bagno e mi sono guardato bene, a me e a quell’immagine riflessa.
“Guardala bene, Ayres, perché la stai vedendo così per l’ultima volta”.
“Adesso basta, non voglio più soffrire.”
Così, non mi sono mai più guardato allo specchio. Non mi pettinavo e quando i pelli sono spuntati non mi facevo la barba. Ho risolto la questione. In un certo modo ha funzionato.
Che cos’è che non mi piaceva nel mio viso?
In particolar modo ce l’avevo con il mio naso e con i miei capelli e non mi piaceva quell’espressione di insofferenza e di fragilità che percepivo nel mio sguardo.
Giustamente il naso e i capelli denunciavano con più evidenza l’eredità negra che avevo ricevuto e che non avevo ancora imparato a riconoscere, ad accettare e ad amare.
I modelli di bellezza ai quali facevo riferimento erano altri. Avrei voluto assomigliarmi a Steve McQueen.
Tutto questo è cambiato molto, anche se molto lentamente.
Paradossalmente, è stato proprio quando vivevo a Berlino che questo processo di trasformazione ha preso vigore. Poi, quando mi sono trasferito nel Nord Est del Brasile, il cambiamento si è compiuto. Allora ero un venticinquenne a trotterellare in compagnia di una ragazza deliziosa in una società tropicale degli anni 80.
Recentemente ho raccontato al mio analista che negli ultimi anni faccio spesso degli autoritratti.
“È grave?”, gli chiesi.
“Insomma...”, ha risposto lui.
Il fatto è che mi piace tantissimo accompagnare il percorso di trasformazione del mio aspetto. La mia faccia mi diverte.
Non è che sia diventato più bello, al contrario. Ma mi riconosco di più in questo mio viso beffardo, nella disposizione ribelle dei miei denti, dei miei capelli inesistenti che adesso crescono verso dentro, come cespugli crespi di idee protette da una testa in forma di uovo un po’ schiacciato.
Sarà che la felicità comincia ai 50?
Una volta un giornalista domandò ad uno degli scrittori brasiliani che amo di più, Nelson Rodrigues, che consiglio dava ai giovani.
“Invecchiatevi!”, rispose.
Dio, sto invecchiando!

L'Agire Fotografico

Questo video illustra alcuni momenti dell'agire fotografico

martedì 18 maggio 2010

Fototerapia: nomenclatura e definizione


Quale nome dare agli interventi che utilizzano la fotografia come strumento terapeutico, riabilitativo, formativo o ludico?
Tendo ad utilizzare la parola Fototerapia indiscriminatamente, nonostante sia consapevole degli equivoci che questo termine possa suscitare.
La prima ambiguità si deve al fatto che la stessa parola viene impiegata in campi molto diversi. Nella medicina, in ambito dermatologico, la Foto-(luce) terapia-(trattamento) si riferisce allo sfruttamento delle proprietà della luce per il trattamento di patologie cutanee. Nella pediatria la fototerapia è adoperata per ridurre l’ittero nei neonati. Sembra che la luce naturale e artificiale modifichino la struttura molecolare della bilirubina, rendendola solubile in acqua ed eliminandola attraverso la bile e l’urina. In età adulta la fototerapia viene utilizzata per combattere l’acne e la psoriasi.
Sempre in ambito medico, la fototerapia viene impiegata nel trattamento della depressione stagionale e della depressione bipolare. Questa terapia sfrutta la connessione che esiste tra la retina e il nucleo soprachiasmatico, dove è situato l’orologio biologico dell’uomo. In questo caso la fototerapia viene chiamata anche terapia della luce, Light therapy e Cronoterapia.
In Psicologia, la fototerapia si riferisce all’utilizzo sistematico che un terapeuta debitamente istruito fa del materiale fotografico, all’interno del setting terapeutico, con la finalità di facilitare la crescita e cambiamenti positivi nei pensieri e sentimenti dei pazienti (Douglas Stewart, David Krauss)
In contesti riabilitativi, educativi, pedagogici, formativi, espressivi, della comunicazione e dei linguaggi non verbali, delle terapie espressive, dell’animazione, della mediazione, quando le attività non sono condotte da un terapeuta, non si dovrebbe chiamare fototerapia. In questi casi è stato proposto, tra tanti altri, il termine “Fotografia Terapeutica” (Judy Weiser).
Non sono molto convinto che questa distinzione sia opportuna.. La qualifica professionale di origine del conduttore o l’ambiente all’interno del quale un’attività o un progetto si realizza non sono sufficienti per definire una metodologia, una tecnica o una potenziale disciplina. Così facendo si corre il rischio di attribuire nomi diversi ad attività molto simili o, dall’altra parte, di chiamare con lo stesso nome attività molto diverse. La formazione di base di uno psicoterapeuta, uno psicologo, un formatore, un educatore, un pedagogo, un animatore, un assistente sociale, un arte terapeuta o di un mediatore culturale non fornisce automaticamente alla figura professionale la competenza per attuare un intervento di fototerapia. D’altra parte, tutte queste figure possono servirsi dei materiali fotografici all’interno dei loro ruoli professionali senza che i loro interventi si caratterizzino necessariamente come fototerapeutici. Sono del parere che per poter progettare ed attuare un intervento di fototerapia sia necessaria una formazione specifica che fornisca gli strumenti concettuali e pratici specifici che vanno oltre alla formazione di provenienza di una nuova figura professionale: il fototerapeuta.
Sono convinto che la fototerapia potrebbe diventare una disciplina autonoma, come accade nel caso della musicoterapia e della psicomotricità.
All’interno della musicoterapia, per esempio, ci sono tante scuole, con riferimenti teorici e metodologici molto differenziati tra di loro che si collocano in punti diversi in un continuum che va dalle proposte che enfatizzano l’aspetto creativo, espressivo musicale ad altri approcci più psicologici, terapeutici e riflessivi. Nonostante le differenze esistenti tra i vari metodi, rientrano tutti all’interno di una disciplina chiamata musicoterapia. In questo senso sarebbe forse più appropriato parlare di MusicoterapiE piuttosto che di MusicoterapiA.
Credo che lo stesso principio possa essere applicato alla fototerapia, o meglio, alle FototerapiE.
Prima di cercare una definizione di fototerapia che descriva il nostro metodo di intervento, sarebbe necessario compiere due operazioni preliminare. La prima è quella di concettualizzare la Fotografia attribuendo un significato preciso all'interno del contesto teorico al quale facciamo riferimento. La fotografia è un sistema e come tale opera una semplificazione della complessità del reale. Dunque possiamo dire che la fotografia è un sistema di rappresentazione visiva della realtà. La peculiarità di questa rappresentazione è che l'immagine viene catturata per mezzo di uno strumento: la macchina fotografica. La seconda operazione preliminare sarebbe quella di spostare l'enfasi dall'immagine fotografica all'agire fotografico.
A questo punto proporrei una definizione di fototerapia tra le tante forme di fototerapie possibili.
La Fototerapia è una disciplina che consiste nell’utilizzo consapevole dell’Agire Fotografico con finalità formative, terapeutiche o riabilitative, applicato a se stessi o agli altri.
L’Agire Fotografico è l’insieme di azioni, attive e passive, in cui sono coinvolti i diversi soggetti che prendono parte ai momenti di produzione e di fruizione dell’immagine fotografica, come pure le relazioni che si vengono a creare tra i numerosi elementi che costituiscono questo processo.
I soggetti dell’Agire Fotografico sono le persone che fotografano, che sono fotografate, che partecipano alla costruzione della scena, che osservano sia lo scatto che l’immagine fotografica, che manipolano, propongono o che commentano una fotografia.
Gli elementi dell’Agire Fotografico possono essere:
- concettuali-situazionali: il tempo, lo spazio, il momento, la situazione, l’ambiente, il mondo esteriore, il mondo interiore;
- strumentali-materiali: la macchina fotografica, il rullino, la scheda di memoria, l’ingranditore, il computer, i software, la carta, l’album;
- emozionali: i sentimenti, le sensazioni, le emozioni, le idee, i pensieri, i ricordi;
- prodotti del processo: la stampa, la presentazione, il collage, l’organizzazione dell’album, i racconti e l’abbinamento ad altre forme espressive.
La fototerapia così concepita si inserisce sia nell’ambito della comunicazione e dei linguaggi non verbali che nell’ambito delle terapie espressive.
Questo modello fa riferimento ai concetti di formazione e di autoformazione, di multimedialità, ai modelli della musicoterapia, della psicomotricità e della performance, all’esercizio dell’autoconsapevolezza, dell’autobiografia, dell’autopesis, della scrittura creativa, esplorando le loro dimensioni individuali, di gruppo e storico-sociali.
Questa proposta metodologica è il risultato dell'incontro di una prassi individuale pluriennale dell'utilizzo della fotografia in contesti della salute mentale e dell'anzianità da una parte, con il lavoro di ricerca, di riflessione teorica su questa prassi e del suo approfondimento e ampliamento realizzati in ambito accademico all'interno del Master in Comunicazione e Linguaggi non Verbali dell'Università Ca' Foscari di Venezia.

Sono molto evidenti i contributi teorici del lavoro sull'agire comunicativo di Ivana Padoan nella chiave di lettura proposta dal Professor Umberto Margiotta. Sono presenti anche i contributi dai docenti del Master in generale e in particolar modo di Umberto Galimberti, Lino Vianello, Mario Paolini, Ezio Donato, Paolo Puppa, Sonia Compostella, Fiorino Tessaro, Alberto Caneva, Lucio Cortella, Marinella Sclavi. I riferimenti teorici dominanti sono quelli di Schön, Bateson, Mezirow, Knowles, Dewey, Demetrio, Donata Fabbri, Laura Formenti, Wim Wenders, Claudio Marra.

Per questa ragione ritengo che sarebbe opportuno individuare un termine per denominare questo modello metodologico, come succede per esempio con la parola “Fotolinguaggio” che designa uno specifico metodo psicodinamico di mediazione nei gruppi. Visto che il nostro modello si basa sul concetto dell’agire fotografico, potrebbe chiamarsi “FotoAzione” (dunque metodo FotoAttivo), oppure FotoComunicazione (metodo Fotocomunicativo) o ancora Fotorelazione (metodo Fotorelazionale). Forse si potrebbe trovare un’altra alternativa lessicale che fosse più azzeccata.
La Professoressa Ivana Padoan ha proposto che cogliessimo l’occasione del nostro incontro a Venezia anche per trovare un nome per il nostro metodo fototerapeutico. Cominciate a pensarci.
A proposito, il 22 Maggio del 1856 lo psichiatra e fotografo Hugh Welch Diamond presentò alla Royal Society of Medicine, a Londra, una relazione sulle potenzialità della fotografia come strumento terapeutico. Si tratta del primo documento di un intervento fototerapeutico ante litteram. Chi sa se circa 155 anni più tarde un altro passo importante non sia compiuto verso la creazione di una disciplina autonoma chiamata...
A voi, del Laboratorio di Fototerapia “Immagini per Raccontarsi”, la parola...
Ayres Marques Pinto

Album di Famiglia in progress


Mia nonna Rosa aveva una scatolina di latta dove teneva una decina di foto di famiglia. Aprire quel forziere arrugginito che custodiva la memoria visiva dei miei ancestrali era come tuffarmi in un mondo così distante nel tempo e che magicamente diventava presente. Un universo, popolato da faccie sconosciute e così familiari, animato dall’eco di voci scomparse che rimbombavano nel silenzio dei pomeriggi mentre immaginavo le storie della vita di quelle persone delle quali rimanevano soltanto quelle vecchie immagini stampate in bianco e nero.
Mia madre, invece, teneva le foto in album. Album grandi pieni di foto più recenti, foto dei figli, sopratutto, immagini più fresche che puntavano al futuro. Ne aveva quattro o cinque di questi libroni di immagini che ogni tanto andavo a sfogliare senza tanto interesse.
Io ho una decina di miglia di foto, alcune che non sono mai state stampate, e non ho un album di famiglia!
Voglio costruire il mio album!
Per fare questo avrò bisogno dell’aiuto dei miei zii, dei miei fratelli, cugini e nipoti. Ma sopratutto dovrò trovare il TEMPO, la calma, lo spirito per andare a cercare i negativi, di andare ad aprire le cartelle dei dischi rigidi pieni zeppi di scatti che, proprio a causa dell’abbondanza, corrono il rischio di semplicemente scomparire tutti quanti, senza lasciar traccia di sé. Lo voglio fare per me, per i miei fratelli, per mia figlia, per i miei nonni, e chi sa, per una mia nipotina che in un pomeriggio pigro possa esplorare un mondo di visi sconosciuti e familiari ed immaginare le avventure di persone che in un tempo lontano erano eterne anche loro.

lunedì 17 maggio 2010

Doppio Vincolo Visivo: NonBalcone


nonbalcone
Originally uploaded by ...chimi...
Michela ci propone un altro doppio vincolo visivo.
Molto Bello! Molto Pericoloso!

venerdì 14 maggio 2010

Nessuno può cambiare il destino...


Oda Nobunaga (1534 - 1582) ritratto di Giovanni Nicolao

Nello stesso giorno che Papa Benedetto XVI visitava il Santuario di Fatima in Portogallo, ho trovato questo racconto nel blog di Tessa su MySpace:
Un grande guerriero giapponese che si chiamava Nobunaga decise di attaccare il nemico sebbene il suo esercito fosse numericamente soltanto un decimo del suo avversario. Lui sapeva che avrebbe vinto, ma i suoi soldati erano dubbiosi...
durante la marcia si fermò a un tempio shintoista e disse ai suoi uomini: Dopo aver visitato il tempio butterò una moneta. Se viene testa vinceremo, se viene croce perderemo. Siamo nelle mani del destino."
Nobunaga entrò nel tempio e pregò in silenzio. Uscì e gettò una moneta. Venne testa. I suoi soldati erano così impazienti di battersi che vinsero la battaglia senza difficoltà.
"Nessuno può cambiare il destino" disse a Nobunaga il suo aiutante dopo la battaglia.
"No davvero" disse Nobunaga , mostrandogli una moneta che aveva testa su tutt'e due le facce.

mercoledì 12 maggio 2010

Odio l'Estate


Sara ci ha voluto regalare l'immagine di un tramonto a La Spezia. Ho pensato subito ai versi della canzone Odio l'Estate: "Estate, che splenditi tramonti dipingeva". Sento la voce di Joao Gilberto.
Poi, guardando più a lungo la foto mi sono reso conto che da parecchio tempo non esco esclusivamente per andare ad assistere ad un tramonto in un luogo speciale. Lo faccio sempre quando sono a Venezia. Impossibile non farlo a Venezia. A Natal, in Brasile, dove abitavo, andavo sempre nel luogo in cui il fiume Potengi incontra il mare. Saint-Exupéry diceva che pensava a quel tramonto quando ha scritto Il Piccolo Principe. Una volta ho domandato ad un grande poeta e artista brasiliano, Jota Medeiros, in quale punto della città di Natal lui vorrebbe dire un suo poema, Jota mi ha portato proprio lì, alla Pedra do Rosario.
Ecco il poema di Jota Medeiros:

Che ore sono?


Stefania e Mezza


Ayres e un quarto

Dialogo Attraverso Immagini

Giorgia:


Ayres:


Giorgia:


Ayres:


Chi vuole continuare?

lunedì 10 maggio 2010

Il Viaggiare e il Viandare


Viandante sul Mare di Nebbia di Caspar David Friedrich (1818)

Giorgia Righi commenta

Più che il viaggiare è il viandare che mi affascina…ecco che allora due immagini mi affiorano nella mente navigando (appunto) per questa pagina.
La prima immagine è un passo di un libro di Romano Battaglia che si intitola La Capanna Incantata:
“Nel lungo viaggio della vita, le strade che percorriamo sono spesso ripide. Solo con la saggezza si può trovare un tratto pianeggiante nell’azzurro del mare. E in quella immensità ci accorgiamo che prima della nascita il tempo era infinito e infinito resterà anche dopo. La tua vita non è altro che una piccola barca che naviga fra due eternità. Infatti la culla dove nasciamo ha la forma di quella barca che deve attraversare il mare.”
La seconda immagine è il Viandante sul Mare di Nebbia di Caspar David Friedrich (1818).
A voi commentarlo, se potete.
Giorgia

Nostro Viaggio verso Itaca


Disegno di Newton Navarro

Sorprendente la capacità generativa e il fascino che il racconto dell'Odissea conserva ancora oggi. Costruire la narrativa della propria vita come un lungo viaggio di ritorno ad Itaca ci permette di riconoscere il carattere epico delle nostre peripezie esistenziali. Molto originale il modo come Angelopoulos ha tessuto la storia delLo Sguardo di Ulisse. Il cineasta inserisce l'avventura della esplorazione di sé del protagonista all'interno di una duplice cornice: quella mitologica dei "passati" e quella sociale del suo presente storico.
In fondo, è proprio questa l'idea che la Professoressa Padoan aveva in mente quando mi ha indicato i concetti di base della struttura di questo nostro laboratorio.
Ossia, raccogliere e organizzare la produzione narrativa multimediale dei partecipanti del gruppo e correlare le varie modalità di narrazione, cercando una sintesi personale, corale e sociale. Tutto questo all'insegna del gioco.
Carissimi compagni di gioco e di avventura, auguro a tutti voi un buon proseguimento di viaggio. E a chi ancora non lo ha fatto, esorto a salpare dal suo porto-sicuro e, a bordo della propria zattera, navigare verso il grande mare aperto della condivisione.
Vi saluto con le parole del poeta Kostantin Kavafis

Itaca

Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sara` questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
ne' nell'irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l'anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d'estate siano tanti
quando nei porti - finalmente e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d'ogni sorta; piu' profumi inebrianti che puoi,
va in molte citta` egizie
impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca -
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull'isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos'altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
gia` tu avrai capito cio` che Itaca vuole significare.

sabato 8 maggio 2010

Dio creò per primo i Viaggi


Ho appena finito di vedere Lo Sguardo di Ulisse. Grazie a te, Ana! Una serie di coincidenze disconnesse tra di loro mi hanno catapultato nel mondo di Angelopoulos ancora prima che il film iniziasse.
Alcuni giorni fa, avevo assistito sia la versione cinematografica contemporanea di Odissea di Andrei Konchalovsky, sia quella degli anni 50' di Mario Camerini con Kirk Douglas. Mia figlia, Marina, che fa la prima media, sta dando i primi passi verso l'universo di Omero e così abbiamo colto questa occasione per guardare dei film insieme, incluso Lo Sguardo di Ulisse.
Poi ho visto che il film è stato dedicato a Gian Maria Volontè, uno dei miei attori preferiti e che morì mentre girava quest'opera.
Quando sento il nome Volontè, non penso subito all'attore ma sì ad un carissimo amico mio, poeta maledetto di Natal, conosciuto da tutti in città dal suo sopranome "Volontè". Nel 1995, l'ho ripreso mentre leggeva un suo poema, per una video-antologia del titolo "Un Giorno - La Poesia". Il suo poema inizia con i versi: "L'amore non esiste, soltanto la tragedia ci aspetta; e il passato è quella cosa vecchia senza allegria"

Mentre guardavo il film aspettavo la scena con la frase che ci avevi scritto. Ho notato che non è esattamente come l'hai riportata tu nel tuo messaggio: "Il Dio ha inventato prima il dubbio, poi il viaggio e alla fine la nostalgia". La frase del film, detta in parte dall'amico Nikos e completata dal protagonista è: "Quando Iddio ha creato il mondo, la prima cosa che fece fu i viaggi... poi il dubbio e la nostalgia"
Questo mi ha fatto pensare che se Dio avesse creato prima i dubbi, forse l'uomo non sarebbe partito in viaggio e non avrebbe potuto sentire la nostalgia.
Ho letto nel riassunto della trama che questo dialogo è una parafrasi di un poema di George Seferis. Non ho trovato il poema specifico, ma ho incontrato un altro molto bello del titolo
Santorino

Piega, se puoi, sul mare scuro dimenticando
la musica d’un flauto sopra quei piedi nudi
che calcarono il tuo sonno in quell’altra vita ora sommersa.

Scrivi, se puoi, sull’ultimo tuo ciottolo
il giorno il nome il luogo
gettalo a mare perchè vada a picco.

Ci siamo ritrovati nudi sopra la pomice
rimirando le isole affioranti
rimirando le rosse isole andare a fondo
nel loro sonno, nel nostro.
Ci siamo ritrovati qua nudi, con la bilancia
che traboccava verso l’ingiustizia.

Tallone di potenza volontà senz’ombra calcolato amore
piani che si maturano al sole meridiano
rotta del fato al battito della giovane mano
sull’omero:
qui nel luogo smembrato che non regge
nel luogo che fu nostro
colano a picco – ruggine e cenere – le isole.

Are crollate
e gli amici scordati
foglie di palma nel fango.

Lascia, se puoi ,viaggiare le tue mani
sul margine del tempo con la nave
che toccò l’orizzonte.
Quando il dado ha battuto sul marmo
e la lancia ha battuto la corazza
e l’occhio ha conosciuto il forestiero
e seccato è l’amore
in anime bucate,
quando ti guardi attorno e tutt’in giro
trovi piedi falciati
in giro mani morte
occhi ciechi di buio,
quando non hai più scelta
di quella morte che volevi tua,
udendo un grido
e sia grido di lupo,
il tuo diritto,
lascia, se puoi, viaggiare le tue mani
staccati via dal tempo infido e cola
a picco:
chi solleva i macigni cola a picco.

ayresnet: O Palhacinho Chegou

ayresnet: O Palhacinho Chegou
http://www.youtube.com/watch?v=NRqc_oQ6Y5k

venerdì 7 maggio 2010

Il Dubbio, il Viaggio e la Nostalgia


(Ana Dalbello)
La mia colonna sonora e' la colonna sonora di un film bellissimo, LO SGUARDO DI ULISSE (1995), di Theo Angelopoulos, e la autrice della musica e' Eleni Karaindrou.

Questa musica e' piena della nebbia, della nostalgia e della attessa...le immagini che ho quando ascolto questa musica sono piene dell'acqua e del paessaggio lagunare, dove si scontra acqua dolce con l' acqua salata, dove le alghe incontrano la palude....molto umido e pieno della vitalita' nascosta sotto i vapori silenziosi.
Nel film c'e' una frase che dice il protagonsita e che e' molto forte...dice,
"Il Dio ha inventato prima il dubbio, poi il viaggio, e alla fine la nostalgia."
Credo che questa trinita' ci accompagna, ci persegue, ci rispecchia....
a presto
ana

giovedì 6 maggio 2010

MusicoBiografia - Giorgia Righi


Mi piace la tua idea di raccontarsi attraverso i brani musicali che sono stati importanti nella propria vita. Appena ho letto la tua mail, mi e' subito venuto alla mente uno dei brani piu' significativi della mia vita e percio' te lo scrivo: si tratta della canzone You're beautiful di James Blunt del 2005. Sicuramente ci sarebbero tantissimi altri pezzi, ma questo e' stato il primo che mi e' venuto in mente e credo ci sia un motivo.
A presto,
Giorgia Righi

mercoledì 5 maggio 2010

MusicoBiografia


Raccontarmi attraverso i brani che mi hanno segnato, nel bene e nel male, sembrava una buona idea. Ho iniziato ad elencarli. Un brano tirava l’altro. Nel giro di un paio di giorni ero già arrivato ad una centinaia di pezzi e ancora mi sembrava incompleta la colonna sonora della mia vita.
Mi è venuta una gran voglia di riascoltarli. Ho cominciato a frugare tra i miei cd e tra i vinili che mi sono rimasti e quando non trovavo ciò che cercavo mi rivolgevo a Sant’Internet. Durante l’ascolto della musica mi tornavano i ricordi degli eventi, dei luoghi, delle persone che venivano magicamente ad orbitare in torno a quelle melodie. Poi ho dato inizio all’ organizzazione cronologica di tutto quanto, e alla ricerca delle informazioni sugli autori ed interpreti, mettendo in relazione la mia storia individuale con il contesto storico più ampio.
Ragazzi che esperienza! Un’avventura che promette stendersi ancora per molto tempo ma che vorrei già da subito condividere con voi. Vi presento l’elenco incompleto dei brani scelti, alcuni già accompagnati da informazioni.
Se avete anche voi un pezzo musicale che vi è particolarmente significativo e che volete includere nella compilation del gruppo, basta inviarmi il titolo del brano, il compositore e l’interprete. In questo modo possiamo condividere i nostri repertori musicali. Se vi interessa qualche pezzo presente nella mia MusicoBiografia fattemi sapere, così vi posso inviare un link dal quale scaricarlo. Per adesso c’è soltanto una prima traccia nella nostra playlist: Palhaço di Egberto Gismonti. Potete ascoltarlo cliccando sulla Playlist di Immaginiper o andando direttamente al link del brano su “The Music Hutch”. In seguito vi racconterò come questa composizione è entrata a far parte della mia storia.
Caro saluto
Ayres

martedì 4 maggio 2010

Doppio Vincolo: Michela e Bateson

Lisa si è domandata perché ho parlato di doppio vincolo nel commentare la foto di Michela. Ecco, Lisa, ho associato l'immagini al concetto creato da Gregory Bateson durante le sue ricerche sulla schizofrenia perché l'entrare e l'uscire, il passare e il rimanere incastrato si presentano visivamente in concomitanza. Puoi capire meglio ciò che intendo dire se leggi l'intervista a Alessandro Dal Lago su questo argomento.
http://www.emsf.rai.it/aforismi/aforismi.asp?d=59
Trascrivo qui parte dell'intervista:
Bateson è stato conosciuto in Italia, e anche nell'Europa non anglofona, soprattutto come uno dei responsabili della famosa teoria del "doppio vincolo" o "doppio legame" nella schizofrenia.
Facciamo una piccola premessa: i messaggi conflittuali sono comunissimi nella nostra cultura. Quando una persona va in un ristorante americano e trova la cameriera con un cartello che dice: "siete benvenuti" - e la cameriera ha le labbra che le cadono e un'aria stanchissima e sfatta dopo dieci ore di lavoro -, questo è un esempio banalissimo, come ce ne sono altri centomila, di comunicazione conflittuale.
Quello che interessa, nella teoria di Bateson, è che quando questi messaggi contraddittori vengono dati - e soprattutto ripetuti, reiterati - in un ambiente chiuso, in cui uno degli attori, in particolare quello che comunica i messaggi, ha il potere della relazione; allora questa situazione può portare all'incapacità, da parte del soggetto più debole, di rispondere.
Faccio un esempio solo, che riguarda la famiglia: la madre torna a casa carica di pacchi della spesa (lo scenario di questa teoria è quasi inevitabilmente lo scenario della middle class americana, cioè della gente che vive nei suburbi negli Stati Uniti), il figlio di sei anni le si fa incontro, pronto ad abbracciarla. La madre gli dice: "Abbracciami, perché non mi abbracci?", mentre invece questo evidentemente è impossibile, dato che ha in mano i pacchetti.
I messaggi conflittuali hanno un andamento molto vario. Essi possono essere (sempre a partire da quelle condizioni di chiusura del sistema - cioè una famiglia - e di potere emotivo detenuto soprattutto da una parte) entrambi dei messaggi verbali, e possono essere soprattutto messaggi che si situano a un livello verbale-non verbale, come l'esempio che ho fatto. In ogni modo si tratta di messaggi che mettono il ricevente, cioè chi riceve la comunicazione, nell'impossibilità di reagire, perché, nel caso della madre, il bambino non può abbracciarla per i pacchi, però viene fatto sentire in colpa perché gli viene detto di abbracciarla.
Questa teoria è stata vissuta per molto tempo, a partire dalla fine degli anni sessanta, quando è stata conosciuta in Italia, come una risposta alla psicanalisi o una risposta ad altri modelli terapeutici, mentre in realtà non voleva esserlo, per due motivi: innanzi tutto perché, come poi è stato mostrato da psicanalisti come Harold Serves e altri, un modello del genere non era necessariamente in conflitto con modelli di tipo psicanalitico; in secondo luogo perché Bateson, ancora una volta, è un personaggio che non si trova mai dove noi vorremmo trovarlo, non riesce mai a farsi inchiodare in un posto. Per Bateson l'elemento interessante in questa teoria non era tanto quello di spiegare il comportamento schizofrenico. Bateson era interessato invece al rapporto tra la logica della comunicazione contraddittoria e la logica della follia come attività comunicativa. Infatti negli esempi di discorso dei folli, in questi discorsi che registrava negli ospedali psichiatrici nel corso della sua ricerca, a Bateson non interessava vedere l'elemento patologico, ma semplicemente il ricorso a un'altra logica; il ricorso a un'altra logica metaforica, che non è più la logica convenzionale.
La mia impressione è sempre stata che Bateson non abbia mai dato molta importanza ai saperi terapeutici, ma che sia stato invece molto più interessato ad un'estetica generale delle relazioni umane.
Tratto dall'intervista "Gregory Bateson" - Roma, Accademia dei Lincei, giovedì 27 ottobre 1994

Foto di Michela con il commento di Giorgia


loa
Originally uploaded by ...chimi...
Questa foto e' davvero bella e mi ha subito riportato alla mente i riferimenti che nelle ultime lezioni abbiamo fatto agli animali (in particolare parlando dei neuroni a specchio e della teoria della mente)...ebbene, dite quel che volete, ma io sono sicura che in questo momento lei sta pensando qualcosa...e noi non sapremo mai cosa sia...
Giorgia

FotoBiografia - Ayres


Andare dal fotografo era la peggior tortura che mi potesse capitare. Che noia mortale, che spreco di tempo! Quelle sezioni interminabili. Odiavo essere fotografato.
Fotografare invece mi è sempre piaciuto. Da bambino, per gioco, per divertimento. Da giovane, per desiderio di comunicare, di dire ciò che le parole preferivano tacere. Da vecchio, per piacere, per lavoro, per testardaggine...
In tutti i traslochi che ho fatto nella vita, non mi sono mai portato dietro le foto dalla mia infanzia. Quando nel 2006, mentre frequentavo il Master in Comunicazione e Linguaggi non Verbali a Venezia, mi è venuto il desiderio di fare la mia FotoBiografia, ho dovuto rivolgermi a mia sorella più grande, Nenê, e a mio fratello immediatamente più piccolo, Adolpho. Grazie a loro due e ad internet sto riuscendo, lentamente recuperare le immagini del mio passato. Da alcuni anni sono diventato fotografo di me stesso e ho sviluppato una grande tenerezza verso i fotografi in generale e in particolare verso quelli che mi hanno fotografato da piccolo. Intanto, credo che non potrei mai fare il fotografo per professione. In fondo la fotografia non mi interessa. Ciò che conta per me è la relazione tra il fotografo e il fotografato e tra il fotografo e se stesso.

Artisti di strada a Londra - foto Chiara Rossetto

Performance: metafora di vita post-moderna?
Teatro: metafora di vita...
Andate a vedere le foto di Chiara su Flickr!

Il Blog di Chiara


Il blog di Chiara:
http://chiararossetto.blogspot.com/

lunedì 3 maggio 2010

Qualcun Altro Vuole Dire Qualcosa?

Sono un po' confusa...

Da Incontri Ravvicinati

Carissimi amici di Immagini per Raccontarsi
Lisa mi ha scritto un messaggio ponendo delle questioni che credo siano venute anche a voi. Perciò, trascrivo qui le sue parole e proverò a commentarle.

ayres,
sono lisa. Sì, partecipo al laboratorio e sono molto bendisposta a intraprendere questo percorso, anche se non so ancora cos'è.
A questo proposito di confesso che sono un po' confusa da tutti i links di pagine e strumenti differenti che ci hai inviato, e che non so bene come orientarmi visto che in questo periodo (e non penso di essere la sola in questo master) ho molte cose diverse per la testa...qual'è lo strumento principale su cui lavorare e cosa ti immagini (a proposito di immagini, infatti,...) di condividere in questo periodo di preparazione?
al più presto anch'io aggiungerò il mio profilo...
ps: trovo davvero splendida l' idea di invitare galimberti...è una personalità che stimo moltissimo e che desidero un sacco incontrare. quest' anno, sfortunatamente, non ha fatto parte dell' equipe del master (che era una delle ragioni per cui inizialmente mi ero iscritta)... grazie di aver fatto questo tentativo e speriamo che vada a buon fine!
saluti lisa

Infatti, vi ho riempito di inviti per collaborare a diversi documenti, gruppi, blog ecc. Sono esagerato di natura e sono pure vecchio e soltanto da poco ho scoperto questi giocattoli della comunicazione virtuale e mi piaceva l’idea di esperimentarli per verificare quale ferramenta risultasse più pratica, più simpatica ai partecipanti. Bene, la “Piazza Virtuale” del gruppo mi sembra essere il Sito: https://sites.google.com/site/immaginiperraccontarsi/
Dal sito si può accedere facilmente a tutti gli altri strumenti. Per lo scambio di immagini, vedo che Filckr sia stato utilizzato da alcuni di voi, anche se personalmente preferisco Picasa di Google. Comunque sia, ognuno può usufruire dell’attrezzatura messa a disposizione dell’account e-mail che possiede. Alice, Hotmail, Libero, Tiscali, tutti quanti offrono la possibilità di creare degli albun fotografici e di condividere le proprie immagini. Rispetto alle immagini da condividere dobbiamo sentirci totalmente liberi. Scambiamo le immagini che vogliamo. Nel mio caso, per esempio, sto raggruppando delle foto che mi permettono raccontare delle storie, di organizzare i miei ricordi, di costruire una FotoBigrafia. Non sempre mi sento di condividere tutto quanto e mantengo alcune fotografie in modalità privata. A volta vado a pescare delle immagini che possono dialogare con altre figure proposte da voi o che possono illustrare dei racconti che nascono dal nostro interscambio. Altre volte, mi viene di mostrarvi qualche foto che ritengo sia venuta particolarmente bene o che sia particolarmente buffa. Insomma, il vero messaggio è rappresentato dalla scelta che facciamo. Per quando riguarda i testi, trovo molto utile la ferramenta di Google Docs, visto che ci permette la condivisione attraverso dei link. È come se ogni documento Word o Excell diventasse una pagina web rendendo facile l’inserimento nel blog e nel sito. Ecco, per adesso mi fermo qui, altrimenti divento troppo confuso un’altra volta. Ripeto comunque che si può fare tutto attraverso l’e-mail.
Quanto al Professor Galimberti, che ha compiuto gli anni ieri, non posso che associarmi alle tue parole di ammirazione e di estima. Ho pubblicato ieri un post nel mio blog personale, AyresNet, parlando proprio di questo: www.ayresmarques.blogspo.com Credo sia poco probabile che lui possa venire al nostro laboratorio, ma non è impossibile. La Professoressa Padoan riesce sempre compiere dei miracoli. Dobbiamo pregare a Sant’Ivana. Ho messo alla disposizione del gruppo un breve video della lezione che Galimberti ha fatto per il Master del 2007, e l’audio dell’intera lezione. Inoltre, ho messo il link per scaricare un suo intervento di 2 ore per la Giornata della Donna del 2008. Il link è valido fino alla fine del mese.
Spero di non aver aumentato ancora la confusione che intendevo ridurre con questo messaggio. Tanto, è andato così. Forse con il passare dei giorni tutto diventerà più chiaro. Ah, potrai trovare questo nostro scambio di mail sul nostro blog: www.immaginiperraccontarsi.blogspot.com al quale anche tu sei invitata a collaborare come autrici. No, basta. Un forte abbraccio. Ayres

domenica 2 maggio 2010

Guardate la Voce di Tessa



Ayres vuole che tu guardi una foto su MySpace nell'album Le mie foto

Bellissimo profilo video-musicale. Nel suo blog di MySpace troverete delle riflessioni sul guardare, sul vedere e sul pensare.

Doppio-Vincolo Visivo-Veneziano

Quante volte ho attraversato questo ponte senza rendermi conto di questo doppio vincolo visivo. Grazie Michela!
Vi consiglio di andare a vedere le foto di Michela e di condividere i vostri commenti.
Ayres