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venerdì 9 luglio 2010

domenica 30 maggio 2010

EmeroBiografia



L’intreccio fra la Storia collettiva e la mia storia personale non emerge chiaramente dai miei racconti autobiografici. Leggendoli o ascoltandoli si ha l’impressione che il corso della mia vita si fosse disegnando un po’ per caso, spinto da contingenze familiari e individuali e dalle risposte che sono stato in grado di attuare.
E invece, è bastato intraprendere un viaggio visivo nel tempo attraverso le copertine di un settimanale brasiliano, la rivista Veja, per accorgermi del fatto che la mia microstoria personale non abbia mai smesso di dialogare intensamente con la macrostoria sociale. Un dialogo che all’improvviso si rivela sensoriale, emotivo oltre che intellettuale.
Sono passato dalla rivista brasiliana al settimanale americano Time e all’italiano L’Espresso e poi alla lettura dei principali avvenimenti di ogni anno su Wikipedia. E così la tessitura delle diverse dimensioni storiche cominciarono ad evidenziarsi. Le malattie e i progressi della medicina, le conquiste sociali, i cambiamenti dei costumi e della situazione macroeconomica, i film, gli artisti, la politica, le catastrofi, quando guardati a distanzia nel tempo, nel loro insieme formano una mappa che ci aiuta nell’orientamento spazio temporale del nostro percorso individuale e allo stesso tempo rappresenta un prezioso strumento di rievocazione autobiografica.
Dall’altro lato non è difficile nemmeno perdersi nel mare di immagini, di nomi e di eventi che si accumulano nel tempo. Per questa ragione ho iniziato a giocare. Per esempio, ho raccolto le copertine con la data del mio compleanno per vedere di che cosa si parlava in quei giorni. Dagli elenchi di film lanciati ogni anno ho selezionato quelli che avevo visto e quelli che avrei voglia di vedere. I vincitori dei premi Nobel, i campionati mondiali di calcio, i fatti di cronaca nera, tutto questo, una volta filtrato sia dal tempo che dalla nostra storia personale formano un tipo di impalcatura cronologica di possibili narrazioni autobiografiche e allo stesso tempo rafforza il sentimento di comprensione e di appartenenza al momento presente.
Ho scelto alcune immagini che mi hanno reso più consapevole del quanto il mondo sia entrato dentro di me. Adesso mi manca soltanto raccontare come questo sia successo.

mercoledì 19 maggio 2010

L'Immagine Riflessa di Sé


Mi guardavo sullo specchio e soffrivo.
Mannaggia, come sono brutto!
Mio padre e mia madre ben che potevano avermi fatto un po’ meglio.
La faccia che guardavo riflessa davanti a me non mi rappresentava adeguatamente.
“Quel viso non è una traduzione accettabile di me stesso. Non mi ci vedo, non mi ci riconosco.”
Lo specchio mi ha fatto penare dall’infanzia fino ad una certa fase dell’adolescenza.
Un giorno, un giorno preciso, mi sono chiuso in bagno e mi sono guardato bene, a me e a quell’immagine riflessa.
“Guardala bene, Ayres, perché la stai vedendo così per l’ultima volta”.
“Adesso basta, non voglio più soffrire.”
Così, non mi sono mai più guardato allo specchio. Non mi pettinavo e quando i pelli sono spuntati non mi facevo la barba. Ho risolto la questione. In un certo modo ha funzionato.
Che cos’è che non mi piaceva nel mio viso?
In particolar modo ce l’avevo con il mio naso e con i miei capelli e non mi piaceva quell’espressione di insofferenza e di fragilità che percepivo nel mio sguardo.
Giustamente il naso e i capelli denunciavano con più evidenza l’eredità negra che avevo ricevuto e che non avevo ancora imparato a riconoscere, ad accettare e ad amare.
I modelli di bellezza ai quali facevo riferimento erano altri. Avrei voluto assomigliarmi a Steve McQueen.
Tutto questo è cambiato molto, anche se molto lentamente.
Paradossalmente, è stato proprio quando vivevo a Berlino che questo processo di trasformazione ha preso vigore. Poi, quando mi sono trasferito nel Nord Est del Brasile, il cambiamento si è compiuto. Allora ero un venticinquenne a trotterellare in compagnia di una ragazza deliziosa in una società tropicale degli anni 80.
Recentemente ho raccontato al mio analista che negli ultimi anni faccio spesso degli autoritratti.
“È grave?”, gli chiesi.
“Insomma...”, ha risposto lui.
Il fatto è che mi piace tantissimo accompagnare il percorso di trasformazione del mio aspetto. La mia faccia mi diverte.
Non è che sia diventato più bello, al contrario. Ma mi riconosco di più in questo mio viso beffardo, nella disposizione ribelle dei miei denti, dei miei capelli inesistenti che adesso crescono verso dentro, come cespugli crespi di idee protette da una testa in forma di uovo un po’ schiacciato.
Sarà che la felicità comincia ai 50?
Una volta un giornalista domandò ad uno degli scrittori brasiliani che amo di più, Nelson Rodrigues, che consiglio dava ai giovani.
“Invecchiatevi!”, rispose.
Dio, sto invecchiando!

martedì 18 maggio 2010

Album di Famiglia in progress


Mia nonna Rosa aveva una scatolina di latta dove teneva una decina di foto di famiglia. Aprire quel forziere arrugginito che custodiva la memoria visiva dei miei ancestrali era come tuffarmi in un mondo così distante nel tempo e che magicamente diventava presente. Un universo, popolato da faccie sconosciute e così familiari, animato dall’eco di voci scomparse che rimbombavano nel silenzio dei pomeriggi mentre immaginavo le storie della vita di quelle persone delle quali rimanevano soltanto quelle vecchie immagini stampate in bianco e nero.
Mia madre, invece, teneva le foto in album. Album grandi pieni di foto più recenti, foto dei figli, sopratutto, immagini più fresche che puntavano al futuro. Ne aveva quattro o cinque di questi libroni di immagini che ogni tanto andavo a sfogliare senza tanto interesse.
Io ho una decina di miglia di foto, alcune che non sono mai state stampate, e non ho un album di famiglia!
Voglio costruire il mio album!
Per fare questo avrò bisogno dell’aiuto dei miei zii, dei miei fratelli, cugini e nipoti. Ma sopratutto dovrò trovare il TEMPO, la calma, lo spirito per andare a cercare i negativi, di andare ad aprire le cartelle dei dischi rigidi pieni zeppi di scatti che, proprio a causa dell’abbondanza, corrono il rischio di semplicemente scomparire tutti quanti, senza lasciar traccia di sé. Lo voglio fare per me, per i miei fratelli, per mia figlia, per i miei nonni, e chi sa, per una mia nipotina che in un pomeriggio pigro possa esplorare un mondo di visi sconosciuti e familiari ed immaginare le avventure di persone che in un tempo lontano erano eterne anche loro.

mercoledì 5 maggio 2010

MusicoBiografia


Raccontarmi attraverso i brani che mi hanno segnato, nel bene e nel male, sembrava una buona idea. Ho iniziato ad elencarli. Un brano tirava l’altro. Nel giro di un paio di giorni ero già arrivato ad una centinaia di pezzi e ancora mi sembrava incompleta la colonna sonora della mia vita.
Mi è venuta una gran voglia di riascoltarli. Ho cominciato a frugare tra i miei cd e tra i vinili che mi sono rimasti e quando non trovavo ciò che cercavo mi rivolgevo a Sant’Internet. Durante l’ascolto della musica mi tornavano i ricordi degli eventi, dei luoghi, delle persone che venivano magicamente ad orbitare in torno a quelle melodie. Poi ho dato inizio all’ organizzazione cronologica di tutto quanto, e alla ricerca delle informazioni sugli autori ed interpreti, mettendo in relazione la mia storia individuale con il contesto storico più ampio.
Ragazzi che esperienza! Un’avventura che promette stendersi ancora per molto tempo ma che vorrei già da subito condividere con voi. Vi presento l’elenco incompleto dei brani scelti, alcuni già accompagnati da informazioni.
Se avete anche voi un pezzo musicale che vi è particolarmente significativo e che volete includere nella compilation del gruppo, basta inviarmi il titolo del brano, il compositore e l’interprete. In questo modo possiamo condividere i nostri repertori musicali. Se vi interessa qualche pezzo presente nella mia MusicoBiografia fattemi sapere, così vi posso inviare un link dal quale scaricarlo. Per adesso c’è soltanto una prima traccia nella nostra playlist: Palhaço di Egberto Gismonti. Potete ascoltarlo cliccando sulla Playlist di Immaginiper o andando direttamente al link del brano su “The Music Hutch”. In seguito vi racconterò come questa composizione è entrata a far parte della mia storia.
Caro saluto
Ayres