sabato 8 maggio 2010

Dio creò per primo i Viaggi


Ho appena finito di vedere Lo Sguardo di Ulisse. Grazie a te, Ana! Una serie di coincidenze disconnesse tra di loro mi hanno catapultato nel mondo di Angelopoulos ancora prima che il film iniziasse.
Alcuni giorni fa, avevo assistito sia la versione cinematografica contemporanea di Odissea di Andrei Konchalovsky, sia quella degli anni 50' di Mario Camerini con Kirk Douglas. Mia figlia, Marina, che fa la prima media, sta dando i primi passi verso l'universo di Omero e così abbiamo colto questa occasione per guardare dei film insieme, incluso Lo Sguardo di Ulisse.
Poi ho visto che il film è stato dedicato a Gian Maria Volontè, uno dei miei attori preferiti e che morì mentre girava quest'opera.
Quando sento il nome Volontè, non penso subito all'attore ma sì ad un carissimo amico mio, poeta maledetto di Natal, conosciuto da tutti in città dal suo sopranome "Volontè". Nel 1995, l'ho ripreso mentre leggeva un suo poema, per una video-antologia del titolo "Un Giorno - La Poesia". Il suo poema inizia con i versi: "L'amore non esiste, soltanto la tragedia ci aspetta; e il passato è quella cosa vecchia senza allegria"

Mentre guardavo il film aspettavo la scena con la frase che ci avevi scritto. Ho notato che non è esattamente come l'hai riportata tu nel tuo messaggio: "Il Dio ha inventato prima il dubbio, poi il viaggio e alla fine la nostalgia". La frase del film, detta in parte dall'amico Nikos e completata dal protagonista è: "Quando Iddio ha creato il mondo, la prima cosa che fece fu i viaggi... poi il dubbio e la nostalgia"
Questo mi ha fatto pensare che se Dio avesse creato prima i dubbi, forse l'uomo non sarebbe partito in viaggio e non avrebbe potuto sentire la nostalgia.
Ho letto nel riassunto della trama che questo dialogo è una parafrasi di un poema di George Seferis. Non ho trovato il poema specifico, ma ho incontrato un altro molto bello del titolo
Santorino

Piega, se puoi, sul mare scuro dimenticando
la musica d’un flauto sopra quei piedi nudi
che calcarono il tuo sonno in quell’altra vita ora sommersa.

Scrivi, se puoi, sull’ultimo tuo ciottolo
il giorno il nome il luogo
gettalo a mare perchè vada a picco.

Ci siamo ritrovati nudi sopra la pomice
rimirando le isole affioranti
rimirando le rosse isole andare a fondo
nel loro sonno, nel nostro.
Ci siamo ritrovati qua nudi, con la bilancia
che traboccava verso l’ingiustizia.

Tallone di potenza volontà senz’ombra calcolato amore
piani che si maturano al sole meridiano
rotta del fato al battito della giovane mano
sull’omero:
qui nel luogo smembrato che non regge
nel luogo che fu nostro
colano a picco – ruggine e cenere – le isole.

Are crollate
e gli amici scordati
foglie di palma nel fango.

Lascia, se puoi ,viaggiare le tue mani
sul margine del tempo con la nave
che toccò l’orizzonte.
Quando il dado ha battuto sul marmo
e la lancia ha battuto la corazza
e l’occhio ha conosciuto il forestiero
e seccato è l’amore
in anime bucate,
quando ti guardi attorno e tutt’in giro
trovi piedi falciati
in giro mani morte
occhi ciechi di buio,
quando non hai più scelta
di quella morte che volevi tua,
udendo un grido
e sia grido di lupo,
il tuo diritto,
lascia, se puoi, viaggiare le tue mani
staccati via dal tempo infido e cola
a picco:
chi solleva i macigni cola a picco.

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