lunedì 21 giugno 2010

in movimento continuo








Il viaggio nel verde. Saper perdersi nella magia della natura, e' una sinestesia, dove si uniscono tutti i sensi...una puzzle che si crea da sola. Ogni volta che osservo un'albero, e' sempre diverso, ogni anno cambia, ma rimane uguale, piacevole paradosso......,naturale bellezza anticipa e supera il concetto stesso di bellezza.

domenica 20 giugno 2010

FotoBiografia di Luca Rodella


Caro Ayres,
ci sono riuscito, eccoti le foto che ho scelto assieme a mia mamma a distanza.
non in tutte ci sono io, in una c'è la foto in sala da pranzo con mio nonno e altri parenti, ovvero quelli che al tempo erano i padroni di casa, gli uomini insomma.
In un'altra, che mi ha sempre fatto molto ridere, c'è mio padre a 7 anni che piscia il giorno della sua cresima con una mela in bocca, fotografato da un amico di mia nonna che aveva una fabbrica di guanti. come puoi notare è un grande nonsense.... e ci ho appena riso ancora con mio padre un secondo fa al telefono prima di scriverti.
Quella in cui sono con mia madre invece c'è da dire che, tra le dozzine di foto insieme che abbiamo, l'abbiamo scelta tutti e due senza saperlo. Io le avevo detto di cercare proprio quella, e lei incredula mi ha detto che l'aveva già messa da parte perché era la sua preferita.. "ma come hai fatto a ricordartela!?" mi diceva. misteri....

Un tuffo nel passato anche per loro, che non rivedevano le foto da anni. E molti sorrisi nel sceglierle, io che sono uscito da lezione una buona mezzora, nel cortile della Paolo Grassi; lei a casa, con la cucina piena di foto che riguardava da tre giorni.

Ci vediamo giovedì.

attore disrettore.
Luca Rodella

Clef des Songes - Sara Martera


Chiave dei Sogni di Sara Martera

FotoBio di Sara Martera


le mie scarpe: a parte che le all star insieme ai sandali birkenstock sono il modello che mi rappresenta di più, guardando le mie scarpe penso alla strada che ho già fatto e a quella che ho davanti...sarà in salita? spero non troppo!

Silvia Gallina si presenta


Ho provato a buttare giù qualcosa, ma niente, niente che mi permettesse di esprimermi. Le parole, a volte, sono limitate e limitanti.
Ecco perché la mia presentazione sarà questa foto per me molto significativa. L'ho scattata io, un po' di tempo fa, quando i mandorli erano in fiore, anche se non si vedono.
Questa foto mi ha riservato una sorpresa: di un evidente dettaglio mi sono accorta molto tempo dopo lo scatto.
Chi lo trova?
Un saluto
Silvia G.

sabato 19 giugno 2010

Clef des Songes - Sabrina Lopez


Ecco la mia idea per la parafrasi al quadro di Magritte. L'ho fatto in maniera impulsiva, ma volutamente!! Ho visto anche la tua e quella delle colleghe, credo ne parleremo a Venezia, decisamenmte molto interessante!!
A presto
Sabrina

FotoBiografia di Giulia Buzzoni


Giulia racconta:
Valigia
La valigia è di mia nonna. Credo abbia una trentina d'anni. Ho fatto 15 traslochi fisicamente, con la mente trasloco ad ogni cambiamento del vento.Mia madre dice che sono come la protagonista del film "Chocolat"... Ma preferisco pensare a quella canzone dei MCR:
"Da molti anni non mi chiedo più
quale posto è la mia casa
ho scoperto che la mia casa
è insiemea un dovunque vada
cammino senza legami
ho solo il vento che mi insegue
e il tempo non mi riguarda
perché il tempo mi appartiene"...



Viaggio, Ulisse, vecchiaia, nascita, tutto viaggio. La vita: valigia la pena! (Ayres)
Che Meraviglia! Che cosa ci hai regalato, Giulia! (Ayres)

giovedì 17 giugno 2010

È rimasto un odore tra i canneti



Originally uploaded by valentinaLotti
È rimasto un odore tra i canneti:
una mescolanza di sangue e corpo, un penetrante petalo nauseabondo.
Tra le palme di cocco, le tombe sono piene di ossa demolite, di rantoli soffocati.
Il raffinato satrapo discorre con coppe, colli e cordoni d'oro.
La piccola reggia brilla come un orologio e le rapide risate inguantate
attraversano a volte i corridoi e s'uniscono alle voci defunte e alle bocche azzurre da pochissimo sepolte.
Il pianto è nascosto come una pianta
il cui seme cade incessante al suolo
e fa crescere senza luce le sue grandi foglie cieche.
L'odio si è formato scaglia su scaglia,
colpo su colpo, nell'acqua atroce del pantano, con un muso pieno di melma e di silenzio.
I dittatori di P. Neruda
Post di Valentina "Puck" Lotti

martedì 15 giugno 2010

Clef des Songes, la botanica del sogno




La vita immaginaria vissuta in sintonia con il regno vegetale. La botanica del sogno. Come per tutti gli esseri, occorre amare i fiori prima di nominarli. Dietro a un titolo un po' troppo buffo, De la folie chez les vegeteaux (La follia dei vegetali), Francis Jammes entra in sintonia con la dirittura dell'albero: "Sono gli alberi che sono alla costante ricerca del loro equilibrio aereo...Cosi' la vita di questo fico, simile a quella di un poeta: ricerca della luce, difficolta' di sorreggersi".

E aggiunge in Pense'e des Jardin (Pensiero dei Giardini):


Accade ai meli che, preferendo la bellezza dei propri frutti al mantenimento del proprio equilibrio, si incrinino. Sono pazzi.

La ricerca dell'equlibrio, va attraverso l'immaginazione, non tutto puo' spiegarsi con l'associazione delle idee e delle forme, occorre anche approfondire l'associazione dei sogni.

Tutti abbiamo il permesso di sognare.

La mia chiave dei sogni e' una sorte di collage delle retro-atmosfere e degli retro ambienti, e le parole che ho scelto hanno un'significato che sta nelle e dietro le immagini, sono dei ecchi dei mondi possibili e delle storie vissute oppure le storie fantastiche, dove c'e' sempre la forte presenza della donna e della acqua (tutte le due sono la forza che ri-genera). Io adoro gli anni 60, adoro le forme degli anni 60, chi sa perche'.....scopriro'...., e' l'attesa che e' un fenomeno antico (non solo umano) puo' diventare un'viaggio verso l'ignoto, verso le ombre, verso........Ho provato a mettere la musica sul blog (ma, direi che sono molto primitiva a livello informatico) ma senza sucesso, vorrei condividere con tutti un pezzo meraviglioso di David Bowie, Absolute beginner...mi riconosco tanto nel testo della canzone.

E senza la poesia non si puo'...

Castellorizo

Del mare dell'estate c'e' ora solo
il riflesso del tramonto,
del riflesso solo i volti
e dei volti solo l'attesa.
(H.Nordbrandt)

CineBiografia di T.G.




Guardate questa CineBiografia ascoltando questo brano:
Racing Way
C'era una volta, la fiaba. Si raccontavano storie un tempo, di sera, in casa, davanti a un fuoco. La gente sognava ad occhi aperti. In altri luoghi i musici cantavano canzoni d'amore e di beffe. La gente rideva, si divertiva, dimenticava. Un giorno del diciannovesimo secolo, vide la nascita del primo film mai visto. Anche la mente umana è forse un cinema. Immagina le scene raccontate. Al cinema tutti vedono le proiezioni di una stessa mente. E sognano ad occhi aperti. Le fiabe che io preferisco, questo raccontano.

lunedì 14 giugno 2010

Non Sarò Solo



vi scrivo per annunciare che “non sarò solo”! Porterò con me, letteralmente in alcuni casi e virtualmente in altri, alcuni amici del Master di edizioni passate, che adesso vi presento:

Luca Scantamburlo. Compagno dell’edizione del Master CLNV 2006 – 2007 .
Luca mi ha introdotto al mondo dei Koan e è entrato nella mia tesi e nella mia vita, diventando un mio carissimo amico. Luca è uno scrittore e libero ricercatore sullo spazio e sull’universo che sta costruendo una reputazione nazionale e internazionale nell’ambito dell’ufologia.

Chiara Piazza. Compagna dell’edizione del Master CLNV 2006 – 2007 .
Chiara ha fatto nascere in me il desiderio di andare in India. Anche lei è entrata nella mia tesi e nella mia vita, diventando mia cugina, sì, mia cugina! Chiara è psicomotricista e psicomotociclista. Dirige un’Associazione Satyagraha che realizza dei programmi a favore di famiglie bisognose in India. Nel 2009 Chiara è venuta a Loreto per partecipare al Laboratorio Oltre le Parole condotto da Paolo Puppa.

Luca Rodella. Compagno dell’edizione del Master CLNV 2006 – 2007
Luca era il più giovane del gruppo. Anche Luca è entrato nella mia tesi e nella mia vita. Da quando ci siamo conosciuti abbiamo sempre passato una parte dell’estate insieme per compiere delle ricerche sulla performance e sull’amore, due grossi interrogativi per i quali non riusciamo a trovare delle risposte. Adesso Luca è allievo regista all’Accademia Paolo Grassi di Milano. Nonostante i suoi impegni, Luca ha promesso di essere presente al Laboratorio Immagini per Raccontarsi 2010.

Angelo Milaneschi. Master CLNV 2007 – 2008
Ho conosciuto Luca quando facevo la documentazione del Laboratorio di Performance di Paolo Puppa nel 2008, a Venezia. Poi ci siamo rincontrati nel 2009 durante un altro laboratorio di Paolo Puppa, Oltre le Parole, “organizzato” da me qui a Loreto. Siamo diventati amici d’allora. Angelo è un grande. Avrete l’occasione di verificare voi stessi, visto che sarà presente al nostro laboratorio quest’anno.

Nicoletta Braga. Master CLNV 2007 – 2008
Ho conosciuto Nicoletta quando facevo la documentazione del Laboratorio di Performance di Paolo Puppa nel 2008, a Venezia. Nicoletta, o Nico, come la chiama Marina, mia figlia, è venuta a trovarci nelle Marche nell’estate dello stesso anno, conquistando l’affetto e l’ammirazione di tutte le persone che ha incontrato qua giù. Poi ci siamo rincontrati nel 2009 durante il laboratorio di Paolo Puppa, Oltre le Parole, “organizzato” da me qui a Loreto. Nico è docente all’Accademia di Brera a Milano e una grande artista. Probabilmente sarà con noi al Laboratorio Immagini per Raccontarsi 2010.

sabato 12 giugno 2010

Where is my mind???


"Where is My Mind"

Oh - stop

With your feet in the air and your head on the ground
Try this trick and spin it, yeah
Your head will collapse
But there's nothing in it
And you'll ask yourself

Where is my mind

Way out in the water
See it swimmin'

I was swimmin' in the Caribbean
Animals were hiding behind the rocks
Except the little fish
But they told me, he swears
Tryin' to talk to me, coy koi.

Where is my mind

Way out in the water
See it swimmin' ?

With your feet in the air and your head on the ground
Try this trick and spin it, yeah
Your head will collapse
If there's nothing in it
And you'll ask yourself

Where is my mind


With your feet in the air and your head on the ground
Oh
Try this trick and spin it, yeah
Oh
Oh

che cos'è l'amor...


che cos'è l'amor...
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Michela Pansarella propone:

sfericaMente...


sfericaMente...
Originally uploaded by ...chimi...
Michela Pansarella propone:
SfericaMente

“la coniugazione della realtà al congiuntivo” è l’atto compiuto da chi scrive un racconto o dall’artista, tramite cui si creano “mondi possibili”, per mezzo della trasformazione metaforica del quotidiano e del dato considerato convenzionale , mondi che divengono reali in rapporto alla posizione e all’atteggiamento di chi lo guarda."
Bruner J., La mente a più dimensioni
foto: 5°Convention Giocoleria @ csaLaTorre (Roma sett 07)

aizeneV


aizenev
Originally uploaded by ...chimi...
Michela Pansarella propone:
aizeneVenezia

riflessivaMente


riflessivaMente
Originally uploaded by ...chimi...
Michela Pansarella propone: Riflessivamente

venerdì 11 giugno 2010

AutoFotoBiografia di Roberta

Questa è l'AutoFotoBiografia di Roberta. Un filmato delizioso. Un vero regalo che Roberta ha fatto al gruppo. Cliccate sul link: "Guardate su YouTube"

Biografia del Corpo


Foto: Lisa Burger
Vi invito ad andare a vedere la pagina di Lisa Burger sul nostro sito. Vale la pena.
Ecco una sua riflessione:
in questi ultimi giorni sto un po' pensando rispetto ai temi autobiografia, biografia del corpo, insomma a modi diversi che ci possono essere di parlare della propria storia con linguaggi che si avvicinino ai linguaggi della creatura (come direbbe bateson...). le immagini, e quello che faremo insieme, possono essere un modo. la narrazione, un' altro. abbiamo parlato anche di musica...e della nostra storia in relazione alla storia più grande (che mi affascina molto...)
in definitiva quello di cui staimo parlando insieme sono modi di raccontarsi che sono non oggettivi,non sequenziali, che hanno come filo conduttore le emozioni e i corpi, e come tali non-strutturati e abbastanza entropici...pensavo che per ogni punto di vista da cui uno può scandagliare lla sua biografia, emergerebbero cose differenti.
(l'esatto contrario di uesto modo di raccontarsi è il curriculum vitae: rigidamente strutturato, cronologicamnete ordinato, che non tiene conto del vissuto, infatti dice tutto di cosa abbaimo fatto e nulla del come.)
Lisa Burger

Pesce Cosmico?



Ho chiamato Gi, mia moglie, e le ho chiesto di guardare il tuo dipinto, Giulia, e di dirmi cosa vedeva. Ha risposto immediatamente: "vedo una ragazzina" e mi ha descritto il vestito e l'ambientazione. Ma tu non vedi un pesce? ho domandato. Un pesce? No, per niente. Allora ho contornato il pesce che vedevo. Sì, è vero. C'è anche il pesce. Un po' surrealista.
Ho chiamato Marina, mia figlia di 11 anni. Ho fatto la stessa domanda. Cosa vedi? Una bambina con la terra in mano che vola nell'universo. Ma tu non vedi un pesce? No. Guarda bene, il vestito è il corpo, poi c'è la bocca.... Sì, sta mangiando la bambina, sì, lo vedo il pesce.
Ho raccontato che ti avevo fatto i complimenti per il pesce cosmico. Si è messa a ridere, Marina. Si sarà arrabbiata, ha domandato. Penso di sì, ho risposto.
Siamo andati al mare per il nostro primo bagno dell'anno. L'acqua era limpida e fredda. C'erano dei pesciolini che nuotavano.
Guarda, Marina quante fatine!
Fatine? Ma sono dei pesciolini!
Ci siamo tuffati. Uhrrrrrr, che fredda l'acqua, che buona l'acqua...

domenica 6 giugno 2010

sabato 5 giugno 2010

Siamo Soli...?


siamo soli...?
Originally uploaded by ...chimi...
Questa foto mi ha fatto pensare ad una canzone di Nando Reis cantata da Cássia Eller del titolo "O Segundo Sol". Tu sei andata oltre...
http://www.youtube.com/watch?v=AYikhJ8OVqE


giovedì 3 giugno 2010

Dialoghi Verbali, NonVerbali e TransVerbali


Clef des Songes - Ayres

Carissimi amici di Immagini per Raccontarsi,
vorrei rendervi partecipi della conversazione in corso tra me e Giorgia.

Ayres,
perdonami, ho letto il programma di ciò che faremo durante il tuo laboratorio di fototerapia e ho alcune perplessità.
La prima cosa che non mi è molto chiara è la natura del materiale fotografico che noi dobbiamo portare: si parla di foto che riguardino la nostra intera vita, dalla nascita ad oggi? Se così fosse, sarebbe per me un po’ complicato reperirle poiché la maggioranza delle fotografie di quando ero piccolina sono su diapositiva e dunque non saprei come fare. Inoltre, moltissime foto di quando non esisteva ancora il digitale le conservo in album fotografici, cornici o quant’altro e mi dispiacerebbe doverle utilizzare per un collage e non poterle poi più rimettere al loro posto. In secondo luogo, mi chiedo anche di quante immagini stiamo parlando (indicativamente) e se queste immagini debbano ritrarre sempre e soltanto me o possano mostrare anche semplici paesaggi o altre persone per me importanti. Infine, ti chiedo se sarebbe un problema se io non avessi a disposizione nessuno degli strumenti da te richiesti, ossia portatile, cornice digitale, macchina fotografica e videocamera.
Scusa ancora per le tante domande,
Giorgia

Carissima Giorgia,
ti ringrazio del messaggio che mi hai inviato sui dubbi che nutri rispetto al laboratorio di fototerapia del Master CLNV. La tua mail mi permette di abbordare alcune questioni molto spinose ma allo stesso tempo fondamentali. Prima di farlo, però, dovrei dirti che la tua partecipazione fino a questo momento è stata stimolante per me. Tu hai allargato il senso di immagine al proporre delle opere di Magritte e di Casper David Friedrich come forma di intervento sul viaggio e sul significato nella comunicazione verbale e non verbale. È stato l'inizio di una conversazione non verbale che poi è stata ripresa anche da Chiara e da altri partecipanti. Ho trovato curioso che tu abbia proposto due artisti ai quali sono particolarmente affezionato. La copertina della mia tesi al Master è quasi una parafrasi di un quadro di Magritte: una foto piena di simboli tra i quali la pipa che non è una pipa. Senza contare che passavo delle ore davanti ai quadri di Caspar Friedrich che sono alla Neue Nationalgalerie quando abitavo a Berlino. Piacevolissima coincidenza! Tu mi hai dato degli spunti per proporre un gioco che consiste nel creare delle combinazioni simili a quella della "clef des songes". Ho già iniziato la mia. Ho trovato un cappello che si chiama casa, delle scarpe che si chiamano birra, un uovo di pietra, delle candele della pazzia, un telefono pesce fritto e un bicchiere cieco. Credimi, è un racconto autobigrafico...
Sviluppare la competenza di dialogare e di giocare con le immagini può rivelarsi uno strumento molto utile quando ci troviamo davanti a persone che hanno un rapporto problematico con la parola e quando affrontiamo delle situazioni di comunicazione bloccata. Ci sono due giochi che utilizzo spesso negli interventi che faccio con gli anziani e che funzionano benissimo: la tombola visiva-sonora-olfattiva e il gioco della memoria fotografica. Se ti fa piacere ne potrei parlare nella prima parte del seminario.
Adesso veniamo agli spini. Ma, aspetta, fammi raccontarti una cosa. Prima di iniziare il master, avevo degli obiettivi molto chiari per quanto riguarda la mia formazione professionale. Sono stato preso da un fastidioso sentimento di frustrazione quando la Padoan mi ha subito stroncato e rifiutato il mio progetto iniziale. Mi ci è voluto parecchio per accettare il fatto che se non prendevo me stesso come oggetto di studio, come oggetto di ricerca, non sarei in grado di attuare un cambiamento qualitativo a livello professionale. Questa è stata la lezione più preziosa e più difficile che ho ricevuto dal Master e la condizione sine qua non per crescere, per formarsi, per autoformarsi. Poi ci sono state molte altre lezioni importanti come la necessità di rendersi conto che non si può trovare se stesso guardandosi allo specchio, sono le relazioni con gli altri che ci rendono visibili a noi stessi. Ti racconto questo solo perché ti voglio dire che quando vi ho chiesto di raccogliere le vostre foto, di selezionarle, di creare la vostra FotoBiografia, intendevo soltanto stimolarvi a dedicare un po' di tempo a voi stessi, alla vostra storia, alla vostra narrativa esistenziale. Il fatto di portare delle foto autobiografiche per condividerle al laboratorio non ha la minima importanza. L'importante è poter esperimentare l'emozione di ripercorrere la propria vita attraverso le fotografie, scegliere alcune e scartare altre, sentire la mancanza di alcune immagini perdute e poi raccontare a se steso che cosa sia successa dentro di sé lungo questo processo. Questa è una tappa inevitabile per poter utilizzare le fotografie anche con gli altri. Uno si rende subito conto della forza e del pericolo nell'intraprendere questo percorso e ci rende molto più consapevole, più sensibili e umili quando lavoriamo con altre persone. Certo, il gruppo, la condivisione sono delle opportunità importanti di crescita.
Allora, tornando ai tuoi dubbi. Se tu desideri, se tu credi che possa essere una occasione buona, ti propongo di raccogliere le tue foto autobiografiche e fare una selezione. Dieci foto, per esempio. Se le vuoi farci vedere, portale a Venezia. Io sarò lì il giorno prima. Potrò scansionare le diapositive e le fotografie e poi stamparle con una stampante che avremo a disposizione. Potrai utilizzare le stampe digitale per i collage e per attività. Ma se tu non consideri che sia questo il momento o che questa attività non abbia un senso per te, allora non fa niente. Puoi benissimo partecipare in tanti altri modi. Comunque ti invito a giocare, a creare una parafrasi della chiave dei sogni con 6 immagini e parole apparentemente sconnesse per un racconto surreale.
Non ti preoccupare di portare nessun strumento. Porta le tue idee, la tua energia, i tuoi dubbi, la tua perplessità. Sarà il miglior regalo che potrai fare a me e al gruppo.
Un forte abbraccio e, senza dubbio, sincero da
Ayres

Caro Ayres,
Grazie della tua bella mail! Devo dirti sinceramente che l’idea di un collage surrealista mi ha stimolata e, se ce la faccio, voglio cogliere la tua “sfida” e creare la mia chiave dei sogni! Per quanto riguarda la mia fotobiografia, anche se forse dalla mia mail precedente non si è capito, ho voglia di stenderla e inizierò da stasera a raccogliere alcune immagini. Vedo cosa posso fare con le diapositive di quando ero piccola, comunque il giorno prima del tuo laboratorio noi siamo a Venezia per un altro laboratorio e quindi magari riesco a venire a trovarti e a portarti un po’ di materiale! Ad ogni modo, dalla tua mail mi pare di aver capito che tu non ci darai delle istruzioni rigide da seguire, ma che sarà possibile giocare insieme…questa fotobiografia deve avere un significato per noi, giusto? Allora, io vorrei “provocarti” e dirti che mi è venuta un’idea per modificare un po’ l’idea di fotobiografia per adattarla meglio a quello che è il mio carattere ed il mio modo di pensare…posso farlo e poi portarti la mia idea il giorno del laboratorio o qualche giorno prima a Venezia? Non devo aver paura di un brutto voto, no??
Infine, voglio dirti che troverei interessantissimo approfondire i giochi che hai menzionato nella tua mail in situazioni di comunicazione bloccata…se questo può essere fatto a lezione, benissimo, altrimenti possiamo parlarne in separata sede, se me lo concederai.
Saluti,
Giorgia

Carissima Giorgia,
ho appena finito di comporre la mia parafrasi sulla “Clef des Songes” di Magritte che tu hai tirato fuori in uno dei tuoi primi interventi. Sarebbe bastata questa tua provocazione per farti meritare il massimo dei voti! Per costruire questo collage ho dovuto imparare ad usare alcuni strumenti di photoshop che mi saranno molto utili per il mio lavoro futuro. Ma più importante dell’aspetto tecnologico è il fato che l’associazione surreale tra parole e immagini di oggetti autobiografici mi ha aperto una strada narrativa che non vedo l’ora di percorrere. Per il momento mi accontento di questo primo racconto quasi non verbale che mi ha dato tanta soddisfazione. Vorrei proporre a te e a tutti i partecipanti del laboratorio questo gioco:
6 parole - 6 immagini e un racconto suLreale.
A voi le parolimmagini!
Un forte abbraccio
Ayres
per vedere l'animazione cliccate sull'immagine

per vedere l'animazione cliccate sull'immagine

martedì 1 giugno 2010

Spoon River al Valle Lotti

foto di Valentina Lotti
Avevo soltanto otto anni e prima di crescere e capirne il significato non ebbi parole per questo, tranne che ero spaventata e lo dissi alla mamma, allora mio padre prese la pistola e avrebbe voluto uccidere Charlie, che era un ragazzaccio di 15 anni, se non fosse stato per sua madre.
Nondimeno la storia mi rimase attaccata, ma l'uomo che mi sposò un vedovo 35 enne un nuovo venuto non lo seppe mai fino a due anni dopo il matrimonio allora si considerò truffato e il villaggio convenne che non ero vergine, allra mi abbondonò e morì nell'inverno seguente.

Tratto dall'Antologia di Spoon River di E. L. Masters

lunedì 31 maggio 2010

Haiku Visivi di Ana Dalbello


Foto di Ana Dalbello
Per me le fotografie hanno una vita tridimensionale, sono come le poesie haiku, sono i pensieri in immagini, dove lo spazio e' trasparente, limpido, immenso, come la Natura stessa .Mi piace l'odore della carta delle foto, ogni frammento della immagine contiene una impressione vissuta, contiene una fase della vita delle persone, degli oggetti, degli fenomeni. Una sinergia muta, ma nello stesso tempo rumorosa, una solitudine dolce, umile nella attessa della pioggia.....una poesia ancora non scritta....

albeggia,
nelle acque basse nuotano i pesci
sfuggiti ai cormorani

domenica 30 maggio 2010

EmeroBiografia



L’intreccio fra la Storia collettiva e la mia storia personale non emerge chiaramente dai miei racconti autobiografici. Leggendoli o ascoltandoli si ha l’impressione che il corso della mia vita si fosse disegnando un po’ per caso, spinto da contingenze familiari e individuali e dalle risposte che sono stato in grado di attuare.
E invece, è bastato intraprendere un viaggio visivo nel tempo attraverso le copertine di un settimanale brasiliano, la rivista Veja, per accorgermi del fatto che la mia microstoria personale non abbia mai smesso di dialogare intensamente con la macrostoria sociale. Un dialogo che all’improvviso si rivela sensoriale, emotivo oltre che intellettuale.
Sono passato dalla rivista brasiliana al settimanale americano Time e all’italiano L’Espresso e poi alla lettura dei principali avvenimenti di ogni anno su Wikipedia. E così la tessitura delle diverse dimensioni storiche cominciarono ad evidenziarsi. Le malattie e i progressi della medicina, le conquiste sociali, i cambiamenti dei costumi e della situazione macroeconomica, i film, gli artisti, la politica, le catastrofi, quando guardati a distanzia nel tempo, nel loro insieme formano una mappa che ci aiuta nell’orientamento spazio temporale del nostro percorso individuale e allo stesso tempo rappresenta un prezioso strumento di rievocazione autobiografica.
Dall’altro lato non è difficile nemmeno perdersi nel mare di immagini, di nomi e di eventi che si accumulano nel tempo. Per questa ragione ho iniziato a giocare. Per esempio, ho raccolto le copertine con la data del mio compleanno per vedere di che cosa si parlava in quei giorni. Dagli elenchi di film lanciati ogni anno ho selezionato quelli che avevo visto e quelli che avrei voglia di vedere. I vincitori dei premi Nobel, i campionati mondiali di calcio, i fatti di cronaca nera, tutto questo, una volta filtrato sia dal tempo che dalla nostra storia personale formano un tipo di impalcatura cronologica di possibili narrazioni autobiografiche e allo stesso tempo rafforza il sentimento di comprensione e di appartenenza al momento presente.
Ho scelto alcune immagini che mi hanno reso più consapevole del quanto il mondo sia entrato dentro di me. Adesso mi manca soltanto raccontare come questo sia successo.

mercoledì 19 maggio 2010

L'Immagine Riflessa di Sé


Mi guardavo sullo specchio e soffrivo.
Mannaggia, come sono brutto!
Mio padre e mia madre ben che potevano avermi fatto un po’ meglio.
La faccia che guardavo riflessa davanti a me non mi rappresentava adeguatamente.
“Quel viso non è una traduzione accettabile di me stesso. Non mi ci vedo, non mi ci riconosco.”
Lo specchio mi ha fatto penare dall’infanzia fino ad una certa fase dell’adolescenza.
Un giorno, un giorno preciso, mi sono chiuso in bagno e mi sono guardato bene, a me e a quell’immagine riflessa.
“Guardala bene, Ayres, perché la stai vedendo così per l’ultima volta”.
“Adesso basta, non voglio più soffrire.”
Così, non mi sono mai più guardato allo specchio. Non mi pettinavo e quando i pelli sono spuntati non mi facevo la barba. Ho risolto la questione. In un certo modo ha funzionato.
Che cos’è che non mi piaceva nel mio viso?
In particolar modo ce l’avevo con il mio naso e con i miei capelli e non mi piaceva quell’espressione di insofferenza e di fragilità che percepivo nel mio sguardo.
Giustamente il naso e i capelli denunciavano con più evidenza l’eredità negra che avevo ricevuto e che non avevo ancora imparato a riconoscere, ad accettare e ad amare.
I modelli di bellezza ai quali facevo riferimento erano altri. Avrei voluto assomigliarmi a Steve McQueen.
Tutto questo è cambiato molto, anche se molto lentamente.
Paradossalmente, è stato proprio quando vivevo a Berlino che questo processo di trasformazione ha preso vigore. Poi, quando mi sono trasferito nel Nord Est del Brasile, il cambiamento si è compiuto. Allora ero un venticinquenne a trotterellare in compagnia di una ragazza deliziosa in una società tropicale degli anni 80.
Recentemente ho raccontato al mio analista che negli ultimi anni faccio spesso degli autoritratti.
“È grave?”, gli chiesi.
“Insomma...”, ha risposto lui.
Il fatto è che mi piace tantissimo accompagnare il percorso di trasformazione del mio aspetto. La mia faccia mi diverte.
Non è che sia diventato più bello, al contrario. Ma mi riconosco di più in questo mio viso beffardo, nella disposizione ribelle dei miei denti, dei miei capelli inesistenti che adesso crescono verso dentro, come cespugli crespi di idee protette da una testa in forma di uovo un po’ schiacciato.
Sarà che la felicità comincia ai 50?
Una volta un giornalista domandò ad uno degli scrittori brasiliani che amo di più, Nelson Rodrigues, che consiglio dava ai giovani.
“Invecchiatevi!”, rispose.
Dio, sto invecchiando!

L'Agire Fotografico

Questo video illustra alcuni momenti dell'agire fotografico

martedì 18 maggio 2010

Fototerapia: nomenclatura e definizione


Quale nome dare agli interventi che utilizzano la fotografia come strumento terapeutico, riabilitativo, formativo o ludico?
Tendo ad utilizzare la parola Fototerapia indiscriminatamente, nonostante sia consapevole degli equivoci che questo termine possa suscitare.
La prima ambiguità si deve al fatto che la stessa parola viene impiegata in campi molto diversi. Nella medicina, in ambito dermatologico, la Foto-(luce) terapia-(trattamento) si riferisce allo sfruttamento delle proprietà della luce per il trattamento di patologie cutanee. Nella pediatria la fototerapia è adoperata per ridurre l’ittero nei neonati. Sembra che la luce naturale e artificiale modifichino la struttura molecolare della bilirubina, rendendola solubile in acqua ed eliminandola attraverso la bile e l’urina. In età adulta la fototerapia viene utilizzata per combattere l’acne e la psoriasi.
Sempre in ambito medico, la fototerapia viene impiegata nel trattamento della depressione stagionale e della depressione bipolare. Questa terapia sfrutta la connessione che esiste tra la retina e il nucleo soprachiasmatico, dove è situato l’orologio biologico dell’uomo. In questo caso la fototerapia viene chiamata anche terapia della luce, Light therapy e Cronoterapia.
In Psicologia, la fototerapia si riferisce all’utilizzo sistematico che un terapeuta debitamente istruito fa del materiale fotografico, all’interno del setting terapeutico, con la finalità di facilitare la crescita e cambiamenti positivi nei pensieri e sentimenti dei pazienti (Douglas Stewart, David Krauss)
In contesti riabilitativi, educativi, pedagogici, formativi, espressivi, della comunicazione e dei linguaggi non verbali, delle terapie espressive, dell’animazione, della mediazione, quando le attività non sono condotte da un terapeuta, non si dovrebbe chiamare fototerapia. In questi casi è stato proposto, tra tanti altri, il termine “Fotografia Terapeutica” (Judy Weiser).
Non sono molto convinto che questa distinzione sia opportuna.. La qualifica professionale di origine del conduttore o l’ambiente all’interno del quale un’attività o un progetto si realizza non sono sufficienti per definire una metodologia, una tecnica o una potenziale disciplina. Così facendo si corre il rischio di attribuire nomi diversi ad attività molto simili o, dall’altra parte, di chiamare con lo stesso nome attività molto diverse. La formazione di base di uno psicoterapeuta, uno psicologo, un formatore, un educatore, un pedagogo, un animatore, un assistente sociale, un arte terapeuta o di un mediatore culturale non fornisce automaticamente alla figura professionale la competenza per attuare un intervento di fototerapia. D’altra parte, tutte queste figure possono servirsi dei materiali fotografici all’interno dei loro ruoli professionali senza che i loro interventi si caratterizzino necessariamente come fototerapeutici. Sono del parere che per poter progettare ed attuare un intervento di fototerapia sia necessaria una formazione specifica che fornisca gli strumenti concettuali e pratici specifici che vanno oltre alla formazione di provenienza di una nuova figura professionale: il fototerapeuta.
Sono convinto che la fototerapia potrebbe diventare una disciplina autonoma, come accade nel caso della musicoterapia e della psicomotricità.
All’interno della musicoterapia, per esempio, ci sono tante scuole, con riferimenti teorici e metodologici molto differenziati tra di loro che si collocano in punti diversi in un continuum che va dalle proposte che enfatizzano l’aspetto creativo, espressivo musicale ad altri approcci più psicologici, terapeutici e riflessivi. Nonostante le differenze esistenti tra i vari metodi, rientrano tutti all’interno di una disciplina chiamata musicoterapia. In questo senso sarebbe forse più appropriato parlare di MusicoterapiE piuttosto che di MusicoterapiA.
Credo che lo stesso principio possa essere applicato alla fototerapia, o meglio, alle FototerapiE.
Prima di cercare una definizione di fototerapia che descriva il nostro metodo di intervento, sarebbe necessario compiere due operazioni preliminare. La prima è quella di concettualizzare la Fotografia attribuendo un significato preciso all'interno del contesto teorico al quale facciamo riferimento. La fotografia è un sistema e come tale opera una semplificazione della complessità del reale. Dunque possiamo dire che la fotografia è un sistema di rappresentazione visiva della realtà. La peculiarità di questa rappresentazione è che l'immagine viene catturata per mezzo di uno strumento: la macchina fotografica. La seconda operazione preliminare sarebbe quella di spostare l'enfasi dall'immagine fotografica all'agire fotografico.
A questo punto proporrei una definizione di fototerapia tra le tante forme di fototerapie possibili.
La Fototerapia è una disciplina che consiste nell’utilizzo consapevole dell’Agire Fotografico con finalità formative, terapeutiche o riabilitative, applicato a se stessi o agli altri.
L’Agire Fotografico è l’insieme di azioni, attive e passive, in cui sono coinvolti i diversi soggetti che prendono parte ai momenti di produzione e di fruizione dell’immagine fotografica, come pure le relazioni che si vengono a creare tra i numerosi elementi che costituiscono questo processo.
I soggetti dell’Agire Fotografico sono le persone che fotografano, che sono fotografate, che partecipano alla costruzione della scena, che osservano sia lo scatto che l’immagine fotografica, che manipolano, propongono o che commentano una fotografia.
Gli elementi dell’Agire Fotografico possono essere:
- concettuali-situazionali: il tempo, lo spazio, il momento, la situazione, l’ambiente, il mondo esteriore, il mondo interiore;
- strumentali-materiali: la macchina fotografica, il rullino, la scheda di memoria, l’ingranditore, il computer, i software, la carta, l’album;
- emozionali: i sentimenti, le sensazioni, le emozioni, le idee, i pensieri, i ricordi;
- prodotti del processo: la stampa, la presentazione, il collage, l’organizzazione dell’album, i racconti e l’abbinamento ad altre forme espressive.
La fototerapia così concepita si inserisce sia nell’ambito della comunicazione e dei linguaggi non verbali che nell’ambito delle terapie espressive.
Questo modello fa riferimento ai concetti di formazione e di autoformazione, di multimedialità, ai modelli della musicoterapia, della psicomotricità e della performance, all’esercizio dell’autoconsapevolezza, dell’autobiografia, dell’autopesis, della scrittura creativa, esplorando le loro dimensioni individuali, di gruppo e storico-sociali.
Questa proposta metodologica è il risultato dell'incontro di una prassi individuale pluriennale dell'utilizzo della fotografia in contesti della salute mentale e dell'anzianità da una parte, con il lavoro di ricerca, di riflessione teorica su questa prassi e del suo approfondimento e ampliamento realizzati in ambito accademico all'interno del Master in Comunicazione e Linguaggi non Verbali dell'Università Ca' Foscari di Venezia.

Sono molto evidenti i contributi teorici del lavoro sull'agire comunicativo di Ivana Padoan nella chiave di lettura proposta dal Professor Umberto Margiotta. Sono presenti anche i contributi dai docenti del Master in generale e in particolar modo di Umberto Galimberti, Lino Vianello, Mario Paolini, Ezio Donato, Paolo Puppa, Sonia Compostella, Fiorino Tessaro, Alberto Caneva, Lucio Cortella, Marinella Sclavi. I riferimenti teorici dominanti sono quelli di Schön, Bateson, Mezirow, Knowles, Dewey, Demetrio, Donata Fabbri, Laura Formenti, Wim Wenders, Claudio Marra.

Per questa ragione ritengo che sarebbe opportuno individuare un termine per denominare questo modello metodologico, come succede per esempio con la parola “Fotolinguaggio” che designa uno specifico metodo psicodinamico di mediazione nei gruppi. Visto che il nostro modello si basa sul concetto dell’agire fotografico, potrebbe chiamarsi “FotoAzione” (dunque metodo FotoAttivo), oppure FotoComunicazione (metodo Fotocomunicativo) o ancora Fotorelazione (metodo Fotorelazionale). Forse si potrebbe trovare un’altra alternativa lessicale che fosse più azzeccata.
La Professoressa Ivana Padoan ha proposto che cogliessimo l’occasione del nostro incontro a Venezia anche per trovare un nome per il nostro metodo fototerapeutico. Cominciate a pensarci.
A proposito, il 22 Maggio del 1856 lo psichiatra e fotografo Hugh Welch Diamond presentò alla Royal Society of Medicine, a Londra, una relazione sulle potenzialità della fotografia come strumento terapeutico. Si tratta del primo documento di un intervento fototerapeutico ante litteram. Chi sa se circa 155 anni più tarde un altro passo importante non sia compiuto verso la creazione di una disciplina autonoma chiamata...
A voi, del Laboratorio di Fototerapia “Immagini per Raccontarsi”, la parola...
Ayres Marques Pinto

Album di Famiglia in progress


Mia nonna Rosa aveva una scatolina di latta dove teneva una decina di foto di famiglia. Aprire quel forziere arrugginito che custodiva la memoria visiva dei miei ancestrali era come tuffarmi in un mondo così distante nel tempo e che magicamente diventava presente. Un universo, popolato da faccie sconosciute e così familiari, animato dall’eco di voci scomparse che rimbombavano nel silenzio dei pomeriggi mentre immaginavo le storie della vita di quelle persone delle quali rimanevano soltanto quelle vecchie immagini stampate in bianco e nero.
Mia madre, invece, teneva le foto in album. Album grandi pieni di foto più recenti, foto dei figli, sopratutto, immagini più fresche che puntavano al futuro. Ne aveva quattro o cinque di questi libroni di immagini che ogni tanto andavo a sfogliare senza tanto interesse.
Io ho una decina di miglia di foto, alcune che non sono mai state stampate, e non ho un album di famiglia!
Voglio costruire il mio album!
Per fare questo avrò bisogno dell’aiuto dei miei zii, dei miei fratelli, cugini e nipoti. Ma sopratutto dovrò trovare il TEMPO, la calma, lo spirito per andare a cercare i negativi, di andare ad aprire le cartelle dei dischi rigidi pieni zeppi di scatti che, proprio a causa dell’abbondanza, corrono il rischio di semplicemente scomparire tutti quanti, senza lasciar traccia di sé. Lo voglio fare per me, per i miei fratelli, per mia figlia, per i miei nonni, e chi sa, per una mia nipotina che in un pomeriggio pigro possa esplorare un mondo di visi sconosciuti e familiari ed immaginare le avventure di persone che in un tempo lontano erano eterne anche loro.

lunedì 17 maggio 2010

Doppio Vincolo Visivo: NonBalcone


nonbalcone
Originally uploaded by ...chimi...
Michela ci propone un altro doppio vincolo visivo.
Molto Bello! Molto Pericoloso!

venerdì 14 maggio 2010

Nessuno può cambiare il destino...


Oda Nobunaga (1534 - 1582) ritratto di Giovanni Nicolao

Nello stesso giorno che Papa Benedetto XVI visitava il Santuario di Fatima in Portogallo, ho trovato questo racconto nel blog di Tessa su MySpace:
Un grande guerriero giapponese che si chiamava Nobunaga decise di attaccare il nemico sebbene il suo esercito fosse numericamente soltanto un decimo del suo avversario. Lui sapeva che avrebbe vinto, ma i suoi soldati erano dubbiosi...
durante la marcia si fermò a un tempio shintoista e disse ai suoi uomini: Dopo aver visitato il tempio butterò una moneta. Se viene testa vinceremo, se viene croce perderemo. Siamo nelle mani del destino."
Nobunaga entrò nel tempio e pregò in silenzio. Uscì e gettò una moneta. Venne testa. I suoi soldati erano così impazienti di battersi che vinsero la battaglia senza difficoltà.
"Nessuno può cambiare il destino" disse a Nobunaga il suo aiutante dopo la battaglia.
"No davvero" disse Nobunaga , mostrandogli una moneta che aveva testa su tutt'e due le facce.

mercoledì 12 maggio 2010

Odio l'Estate


Sara ci ha voluto regalare l'immagine di un tramonto a La Spezia. Ho pensato subito ai versi della canzone Odio l'Estate: "Estate, che splenditi tramonti dipingeva". Sento la voce di Joao Gilberto.
Poi, guardando più a lungo la foto mi sono reso conto che da parecchio tempo non esco esclusivamente per andare ad assistere ad un tramonto in un luogo speciale. Lo faccio sempre quando sono a Venezia. Impossibile non farlo a Venezia. A Natal, in Brasile, dove abitavo, andavo sempre nel luogo in cui il fiume Potengi incontra il mare. Saint-Exupéry diceva che pensava a quel tramonto quando ha scritto Il Piccolo Principe. Una volta ho domandato ad un grande poeta e artista brasiliano, Jota Medeiros, in quale punto della città di Natal lui vorrebbe dire un suo poema, Jota mi ha portato proprio lì, alla Pedra do Rosario.
Ecco il poema di Jota Medeiros:

Che ore sono?


Stefania e Mezza


Ayres e un quarto

Dialogo Attraverso Immagini

Giorgia:


Ayres:


Giorgia:


Ayres:


Chi vuole continuare?

lunedì 10 maggio 2010

Il Viaggiare e il Viandare


Viandante sul Mare di Nebbia di Caspar David Friedrich (1818)

Giorgia Righi commenta

Più che il viaggiare è il viandare che mi affascina…ecco che allora due immagini mi affiorano nella mente navigando (appunto) per questa pagina.
La prima immagine è un passo di un libro di Romano Battaglia che si intitola La Capanna Incantata:
“Nel lungo viaggio della vita, le strade che percorriamo sono spesso ripide. Solo con la saggezza si può trovare un tratto pianeggiante nell’azzurro del mare. E in quella immensità ci accorgiamo che prima della nascita il tempo era infinito e infinito resterà anche dopo. La tua vita non è altro che una piccola barca che naviga fra due eternità. Infatti la culla dove nasciamo ha la forma di quella barca che deve attraversare il mare.”
La seconda immagine è il Viandante sul Mare di Nebbia di Caspar David Friedrich (1818).
A voi commentarlo, se potete.
Giorgia

Nostro Viaggio verso Itaca


Disegno di Newton Navarro

Sorprendente la capacità generativa e il fascino che il racconto dell'Odissea conserva ancora oggi. Costruire la narrativa della propria vita come un lungo viaggio di ritorno ad Itaca ci permette di riconoscere il carattere epico delle nostre peripezie esistenziali. Molto originale il modo come Angelopoulos ha tessuto la storia delLo Sguardo di Ulisse. Il cineasta inserisce l'avventura della esplorazione di sé del protagonista all'interno di una duplice cornice: quella mitologica dei "passati" e quella sociale del suo presente storico.
In fondo, è proprio questa l'idea che la Professoressa Padoan aveva in mente quando mi ha indicato i concetti di base della struttura di questo nostro laboratorio.
Ossia, raccogliere e organizzare la produzione narrativa multimediale dei partecipanti del gruppo e correlare le varie modalità di narrazione, cercando una sintesi personale, corale e sociale. Tutto questo all'insegna del gioco.
Carissimi compagni di gioco e di avventura, auguro a tutti voi un buon proseguimento di viaggio. E a chi ancora non lo ha fatto, esorto a salpare dal suo porto-sicuro e, a bordo della propria zattera, navigare verso il grande mare aperto della condivisione.
Vi saluto con le parole del poeta Kostantin Kavafis

Itaca

Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sara` questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
ne' nell'irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l'anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d'estate siano tanti
quando nei porti - finalmente e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d'ogni sorta; piu' profumi inebrianti che puoi,
va in molte citta` egizie
impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca -
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull'isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos'altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
gia` tu avrai capito cio` che Itaca vuole significare.

sabato 8 maggio 2010

Dio creò per primo i Viaggi


Ho appena finito di vedere Lo Sguardo di Ulisse. Grazie a te, Ana! Una serie di coincidenze disconnesse tra di loro mi hanno catapultato nel mondo di Angelopoulos ancora prima che il film iniziasse.
Alcuni giorni fa, avevo assistito sia la versione cinematografica contemporanea di Odissea di Andrei Konchalovsky, sia quella degli anni 50' di Mario Camerini con Kirk Douglas. Mia figlia, Marina, che fa la prima media, sta dando i primi passi verso l'universo di Omero e così abbiamo colto questa occasione per guardare dei film insieme, incluso Lo Sguardo di Ulisse.
Poi ho visto che il film è stato dedicato a Gian Maria Volontè, uno dei miei attori preferiti e che morì mentre girava quest'opera.
Quando sento il nome Volontè, non penso subito all'attore ma sì ad un carissimo amico mio, poeta maledetto di Natal, conosciuto da tutti in città dal suo sopranome "Volontè". Nel 1995, l'ho ripreso mentre leggeva un suo poema, per una video-antologia del titolo "Un Giorno - La Poesia". Il suo poema inizia con i versi: "L'amore non esiste, soltanto la tragedia ci aspetta; e il passato è quella cosa vecchia senza allegria"

Mentre guardavo il film aspettavo la scena con la frase che ci avevi scritto. Ho notato che non è esattamente come l'hai riportata tu nel tuo messaggio: "Il Dio ha inventato prima il dubbio, poi il viaggio e alla fine la nostalgia". La frase del film, detta in parte dall'amico Nikos e completata dal protagonista è: "Quando Iddio ha creato il mondo, la prima cosa che fece fu i viaggi... poi il dubbio e la nostalgia"
Questo mi ha fatto pensare che se Dio avesse creato prima i dubbi, forse l'uomo non sarebbe partito in viaggio e non avrebbe potuto sentire la nostalgia.
Ho letto nel riassunto della trama che questo dialogo è una parafrasi di un poema di George Seferis. Non ho trovato il poema specifico, ma ho incontrato un altro molto bello del titolo
Santorino

Piega, se puoi, sul mare scuro dimenticando
la musica d’un flauto sopra quei piedi nudi
che calcarono il tuo sonno in quell’altra vita ora sommersa.

Scrivi, se puoi, sull’ultimo tuo ciottolo
il giorno il nome il luogo
gettalo a mare perchè vada a picco.

Ci siamo ritrovati nudi sopra la pomice
rimirando le isole affioranti
rimirando le rosse isole andare a fondo
nel loro sonno, nel nostro.
Ci siamo ritrovati qua nudi, con la bilancia
che traboccava verso l’ingiustizia.

Tallone di potenza volontà senz’ombra calcolato amore
piani che si maturano al sole meridiano
rotta del fato al battito della giovane mano
sull’omero:
qui nel luogo smembrato che non regge
nel luogo che fu nostro
colano a picco – ruggine e cenere – le isole.

Are crollate
e gli amici scordati
foglie di palma nel fango.

Lascia, se puoi ,viaggiare le tue mani
sul margine del tempo con la nave
che toccò l’orizzonte.
Quando il dado ha battuto sul marmo
e la lancia ha battuto la corazza
e l’occhio ha conosciuto il forestiero
e seccato è l’amore
in anime bucate,
quando ti guardi attorno e tutt’in giro
trovi piedi falciati
in giro mani morte
occhi ciechi di buio,
quando non hai più scelta
di quella morte che volevi tua,
udendo un grido
e sia grido di lupo,
il tuo diritto,
lascia, se puoi, viaggiare le tue mani
staccati via dal tempo infido e cola
a picco:
chi solleva i macigni cola a picco.

ayresnet: O Palhacinho Chegou

ayresnet: O Palhacinho Chegou
http://www.youtube.com/watch?v=NRqc_oQ6Y5k

venerdì 7 maggio 2010

Il Dubbio, il Viaggio e la Nostalgia


(Ana Dalbello)
La mia colonna sonora e' la colonna sonora di un film bellissimo, LO SGUARDO DI ULISSE (1995), di Theo Angelopoulos, e la autrice della musica e' Eleni Karaindrou.

Questa musica e' piena della nebbia, della nostalgia e della attessa...le immagini che ho quando ascolto questa musica sono piene dell'acqua e del paessaggio lagunare, dove si scontra acqua dolce con l' acqua salata, dove le alghe incontrano la palude....molto umido e pieno della vitalita' nascosta sotto i vapori silenziosi.
Nel film c'e' una frase che dice il protagonsita e che e' molto forte...dice,
"Il Dio ha inventato prima il dubbio, poi il viaggio, e alla fine la nostalgia."
Credo che questa trinita' ci accompagna, ci persegue, ci rispecchia....
a presto
ana

giovedì 6 maggio 2010

MusicoBiografia - Giorgia Righi


Mi piace la tua idea di raccontarsi attraverso i brani musicali che sono stati importanti nella propria vita. Appena ho letto la tua mail, mi e' subito venuto alla mente uno dei brani piu' significativi della mia vita e percio' te lo scrivo: si tratta della canzone You're beautiful di James Blunt del 2005. Sicuramente ci sarebbero tantissimi altri pezzi, ma questo e' stato il primo che mi e' venuto in mente e credo ci sia un motivo.
A presto,
Giorgia Righi

mercoledì 5 maggio 2010

MusicoBiografia


Raccontarmi attraverso i brani che mi hanno segnato, nel bene e nel male, sembrava una buona idea. Ho iniziato ad elencarli. Un brano tirava l’altro. Nel giro di un paio di giorni ero già arrivato ad una centinaia di pezzi e ancora mi sembrava incompleta la colonna sonora della mia vita.
Mi è venuta una gran voglia di riascoltarli. Ho cominciato a frugare tra i miei cd e tra i vinili che mi sono rimasti e quando non trovavo ciò che cercavo mi rivolgevo a Sant’Internet. Durante l’ascolto della musica mi tornavano i ricordi degli eventi, dei luoghi, delle persone che venivano magicamente ad orbitare in torno a quelle melodie. Poi ho dato inizio all’ organizzazione cronologica di tutto quanto, e alla ricerca delle informazioni sugli autori ed interpreti, mettendo in relazione la mia storia individuale con il contesto storico più ampio.
Ragazzi che esperienza! Un’avventura che promette stendersi ancora per molto tempo ma che vorrei già da subito condividere con voi. Vi presento l’elenco incompleto dei brani scelti, alcuni già accompagnati da informazioni.
Se avete anche voi un pezzo musicale che vi è particolarmente significativo e che volete includere nella compilation del gruppo, basta inviarmi il titolo del brano, il compositore e l’interprete. In questo modo possiamo condividere i nostri repertori musicali. Se vi interessa qualche pezzo presente nella mia MusicoBiografia fattemi sapere, così vi posso inviare un link dal quale scaricarlo. Per adesso c’è soltanto una prima traccia nella nostra playlist: Palhaço di Egberto Gismonti. Potete ascoltarlo cliccando sulla Playlist di Immaginiper o andando direttamente al link del brano su “The Music Hutch”. In seguito vi racconterò come questa composizione è entrata a far parte della mia storia.
Caro saluto
Ayres

martedì 4 maggio 2010

Doppio Vincolo: Michela e Bateson

Lisa si è domandata perché ho parlato di doppio vincolo nel commentare la foto di Michela. Ecco, Lisa, ho associato l'immagini al concetto creato da Gregory Bateson durante le sue ricerche sulla schizofrenia perché l'entrare e l'uscire, il passare e il rimanere incastrato si presentano visivamente in concomitanza. Puoi capire meglio ciò che intendo dire se leggi l'intervista a Alessandro Dal Lago su questo argomento.
http://www.emsf.rai.it/aforismi/aforismi.asp?d=59
Trascrivo qui parte dell'intervista:
Bateson è stato conosciuto in Italia, e anche nell'Europa non anglofona, soprattutto come uno dei responsabili della famosa teoria del "doppio vincolo" o "doppio legame" nella schizofrenia.
Facciamo una piccola premessa: i messaggi conflittuali sono comunissimi nella nostra cultura. Quando una persona va in un ristorante americano e trova la cameriera con un cartello che dice: "siete benvenuti" - e la cameriera ha le labbra che le cadono e un'aria stanchissima e sfatta dopo dieci ore di lavoro -, questo è un esempio banalissimo, come ce ne sono altri centomila, di comunicazione conflittuale.
Quello che interessa, nella teoria di Bateson, è che quando questi messaggi contraddittori vengono dati - e soprattutto ripetuti, reiterati - in un ambiente chiuso, in cui uno degli attori, in particolare quello che comunica i messaggi, ha il potere della relazione; allora questa situazione può portare all'incapacità, da parte del soggetto più debole, di rispondere.
Faccio un esempio solo, che riguarda la famiglia: la madre torna a casa carica di pacchi della spesa (lo scenario di questa teoria è quasi inevitabilmente lo scenario della middle class americana, cioè della gente che vive nei suburbi negli Stati Uniti), il figlio di sei anni le si fa incontro, pronto ad abbracciarla. La madre gli dice: "Abbracciami, perché non mi abbracci?", mentre invece questo evidentemente è impossibile, dato che ha in mano i pacchetti.
I messaggi conflittuali hanno un andamento molto vario. Essi possono essere (sempre a partire da quelle condizioni di chiusura del sistema - cioè una famiglia - e di potere emotivo detenuto soprattutto da una parte) entrambi dei messaggi verbali, e possono essere soprattutto messaggi che si situano a un livello verbale-non verbale, come l'esempio che ho fatto. In ogni modo si tratta di messaggi che mettono il ricevente, cioè chi riceve la comunicazione, nell'impossibilità di reagire, perché, nel caso della madre, il bambino non può abbracciarla per i pacchi, però viene fatto sentire in colpa perché gli viene detto di abbracciarla.
Questa teoria è stata vissuta per molto tempo, a partire dalla fine degli anni sessanta, quando è stata conosciuta in Italia, come una risposta alla psicanalisi o una risposta ad altri modelli terapeutici, mentre in realtà non voleva esserlo, per due motivi: innanzi tutto perché, come poi è stato mostrato da psicanalisti come Harold Serves e altri, un modello del genere non era necessariamente in conflitto con modelli di tipo psicanalitico; in secondo luogo perché Bateson, ancora una volta, è un personaggio che non si trova mai dove noi vorremmo trovarlo, non riesce mai a farsi inchiodare in un posto. Per Bateson l'elemento interessante in questa teoria non era tanto quello di spiegare il comportamento schizofrenico. Bateson era interessato invece al rapporto tra la logica della comunicazione contraddittoria e la logica della follia come attività comunicativa. Infatti negli esempi di discorso dei folli, in questi discorsi che registrava negli ospedali psichiatrici nel corso della sua ricerca, a Bateson non interessava vedere l'elemento patologico, ma semplicemente il ricorso a un'altra logica; il ricorso a un'altra logica metaforica, che non è più la logica convenzionale.
La mia impressione è sempre stata che Bateson non abbia mai dato molta importanza ai saperi terapeutici, ma che sia stato invece molto più interessato ad un'estetica generale delle relazioni umane.
Tratto dall'intervista "Gregory Bateson" - Roma, Accademia dei Lincei, giovedì 27 ottobre 1994